Voi restate in Città

1. “Voi restate in Città” (Lc. 24,49), sono le parole che Gesù risorto rivolge agli apostoli e che, da sempre, per i cristiani e per gli uomini e le donne di buona volontà, indicano un pressante invito a non abbandonare la Città, ad “abitare il territorio”, senza estraniarsi dai suoi molteplici problemi, per quanto grandi essi siano. La Città, infatti, è la nostra casa comune, appartiene a tutti noi, è il luogo della nostra storia personale e comunitaria, della nostra vita sociale e professionale. Per i credenti, poi, è anche il luogo della presenza concreta di Dio che viene a sanare le nostre fragilità e a donarci sempre la speranza di cui abbiamo tanto bisogno.

Oggi, Catania vive un momento particolarmente delicato a causa del dissesto finanziario,che si aggiungeai suoi tanti mali, antichi e recenti, quali emergenza educativa, criminalità mafiosa, corruzione, degrado urbano e ambientale, disoccupazione, che offrono un’immagine di città “abbandonata” e “devastata” (cfr Isaia 62,4). Catania appare, molto spesso, costituita da tante Città che vivono vite separate e rispondono a logiche diverse. La Città soffre, soprattutto, per l’egoismo individualistico di quanti pensano di potersi salvare da soli e non si rendono conto che il reciproco aiuto, l’adempimento del proprio dovere, il senso di appartenenza, la condivisione dei valori fanno di una aggregazione di individui una comunità capace di crescere, di proteggere i suoi figli, di aprirsi al mondo. In molti cresce la voglia di scappare. Otto diciottenni catanesi su dieci, secondo una recente indagine, immaginano il proprio futuro fuori dalla loro città e dalla Sicilia.

2. Molte delle problematiche accennate sono comuni anche alle altre Città dell’Arcidiocesi. I terremoti del 6 ottobre e del 26 dicembre 2018 hanno colpito duramente alcuni Paesi del territorio diocesano e hanno aggravato ulteriormente i problemi economici e sociali, che segnano il nostro territorio. “Rimanere in Città” diventa anche una risposta, convinta e non emotiva, conseguente al terremoto; diventa la volontà di continuare a radicarsi nel tessuto urbano e si traduce in un appello alle Istituzioni per far rientrare le popolazioni nelle abitazioni.

3. Noi “restiamo in città”, per condividere con tutte le nostre sorelle e i nostri fratelli “gioie e speranze, fatiche e dolori, tristezze e angosce” (cfr. Gaudium et Spes, 1). Noi “restiamo in città” perché vogliamo assicurare una “presenza per servire”, per servire ogni uomo e donna, a qualsiasi cultura, razza, religione appartengano, soprattutto quelli che già deboli, adesso lo sono ancor di più, perché vivono il rischio di perdere il sostegno degli strumenti di assistenza sociale. “Nel presente momento storico, non ci può essere posto per la pusillanimità o l’inerzia. Esse, infatti, non sarebbero segno di saggezza o di ponderazione, ma piuttosto di colpevole omissione” (Giovanni Paolo II, Catania 4. XI.1994).

Come cristiani sappiamo che possiamo “restare in città”, fedeli all’uomo, se rimaniamo in Cristo: “Rimanete in me e io in voi. […]. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”(Gv 15, 4-5).

4. La Chiesa di Catania, da alcuni anni, attraverso le Giornate sociali punta a formare le coscienze delle persone per edificare una Città-comunità, con l’impegno quotidiano e la partecipazione attiva di tutti, creando percorsi di democrazia partecipativa, dove le persone vengano accompagnate a superare la sindrome dello spettatore, per essere cittadini attivi. L’ideale di una Città-comunità pone a suo fondamento il valore della solidarietà, che se non vuole scadere nella forma umiliante dell’assistenzialismo, si deve coniugare con il valore della sussidiarietà, per essere fattore di autentica “promozione umana”. Una solidarietà che si declina a livello politico, sociale ed economico. I due valori di solidarietà e sussidiarietà sono contenuti nella nostra Costituzione repubblicana, ma costituiscono anche due pilastri della Dottrina sociale della Chiesa.

In un orizzonte drammatico, qual è quello del dissesto, a nessuno sfugge la funzione irrinunciabile dei legami di solidarietà, come cemento che amalgama la vita sociale. Se non si attiveranno i circuiti di solidarietà tutte le situazioni di disagio, conseguenti al dissesto finanziario, determineranno rischi concreti di una sorta di corsa “all’arrembaggio”, di un “si salvi chi può”, che alimentano la mala pianta dell’individualismo, producono frutti di frantumazione, polverizzano la vita sociale della Città, acuiscono incertezza e rancore sociale. “Ancora una volta, la prima sfida da vincere è quella di superare l’individualismo, che comprime i legami sociali significativi e impedisce lo sviluppo di un tessuto civile democratico. Nessuno può esimersi dalla responsabilità di partecipare fornendo il proprio contributo di idee e di proposte sui temi di maggiore rilevanza politico-amministrativa” (Giovanni Paolo II, Catania 4.XI.1994). Occorre l’impegno generoso e condiviso fra generazioni, per contribuire al recupero di ordinate condizioni di vita della nostra comunità e per costruire insieme il bene comune.

5. Le nostre Città, nei secoli, sono state più volte messe in ginocchio sia da calamità naturali (l’eruzione del 1669, il terremoto del 1693), sia dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e sempre hanno saputo risollevarsi e ricostruire il tessuto umano ed urbano. Tali eventi tragici hanno stimolato la nascita di opere pie, in grado di sopperire ad una molteplicità di bisogni delle fasce più deboli della popolazione. Numerose sono state le opere assistenziali e sociali che, lungo i secoli, hanno contraddistinto la Chiesa di Catania: in particolare, alla fine del sec. XIX e agli inizi del sec. XX, le iniziative caritative promosse dal Beato Card. Giuseppe Benedetto Dusmet, e quelle di impegno sociale volute dal Card. Giuseppe Francica Nava. Le comunità cittadine, nelle diverse articolazioni e forme di rappresentanza, si sono strette attorno ai più deboli, a chi aveva patito maggiormente l’esito dei disastri perché si rafforzasse un senso civico capace di guardare al futuro.

Anche oggi, la Chiesa di Catania è presente per servire i più poveri e i piccoli attraverso la rete delle opere della Caritas, dell’Opera Diocesana Assistenza (ODA), segno concreto dell’attenzione ai disabili, come pure della pastorale sanitaria. Parrocchie, associazioni, movimenti, comunità religiose, in cordiale collaborazione con le varie forme laiche di volontariato, promuovono molteplici iniziative a favore di migranti, di senza tetto, di donne e giovani in difficoltà: a tutti, senza distinzioni, offrono servizi educativi e di accoglienza, per suscitare occasioni di sviluppo sociale. Particolare attenzione è riservata ai giovani, che, soprattutto attraverso gli uffici diocesani di pastorale scolastica e giovanile, come pure attraverso l’azione degli insegnanti di religione cattolica, sono inseriti in processi educativi sani, capaci di suscitare l’amore per l’impegno sociale comune.

Dal punto di vista socio-politico, gli “Osservatori”, presenti nei vicariati, danno il loro contributo per il bene comune della Città. La Chiesa catanese, sforzandosi sempre di essere “oasi di misericordia”, svolge, a tutti i livelli, una funzione di prossimità, sia attraverso un ascolto attento dei bisogni della gente, nei quartieri di periferia e nei centri urbani, sia con la sua azione concreta di promozione dell’innovazione sociale, della cultura d’impresa e dell’occupazione attraverso il movimento cooperativo, il mondo delle organizzazioni non profit e del volontariato, le nuove esperienze di startup a carattere sociale.

6. La Chiesa di Catania, da tempo, ha instaurato un dialogo a tutto campo con i sindacati e le associazioni di categoria, con il volontariato. C’è stata e c’è una precisa volontà di costruire ponti,come ci esorta a fare sempre Papa Francesco, in collaborazione con tutte le persone di buona volontà, che hanno a cuore la ricerca del bene comune delle Città.

Per realizzare tutto ciò, serve attivarsi per costruireun patto di corresponsabilità fra cittadini, forze sociali, amministratori, politici, tecnici e professionisti per trasformare le nostra Città in un grande luogo di condivisione e fraternità solidale. Alle Istituzioni si richiede un maggior senso di responsabilità, assegnando priorità alle azioni utili per dare risposte ai bisogni degli ultimi e assicurare la coesione sociale. A queste condizioni, il dissesto di Catania può trasformarsi in “opportunità”, perché darebbe a tutti l’occasione di scoprire il valore della solidarietà e della collaborazione in vista del bene comune, presente e futuro, della Città.

In queste circostanze difficili, “la Chiesa […] sente il dovere di parlare, anzi di gridare a quanti abitano nella Città: Catania, alzati e rivestiti di luce e di giustizia (cfr. Is 60, 1)!”. Catania più che mai ha bisogno di “alzarsi”, anzi di “stare in piedi”. “A tutti dico: state in piedi, concittadini della martire Agata, sappiate vincere il male con il bene!” (San Giovanni Paolo II, Catania 4. XI.1994).

Cristo Risorto, che ha sconfitto per sempre il peccato, la morte, il male, è la nostra unica speranza per affrontare con fiducia i mali che lacerano le nostre Città. Gesù, il Signore della vita, che fa nuove tutte le cose” (cfr. Ap 21, 5), ci fa dono del suo Spirito per iniziare, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, nuovi cammini di vera liberazione perché le nostra Città risorgano e si rinnovino.

L’augurio pasquale, che rivolgo a tutti è di non abbattersi, di ricostruire e operare per le possibilità di riscatto, di rimanere nelle nostre Città per abitarle con pienezza ed amore, in vista del vero bene comune.

Catania, 14 aprile 2019

Mons. Salvatore Gristina arcivescovo

                                                                                              

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