Gli anni che seguirono il Vaticano II videro alcune correnti teologiche mettere fuori gioco la Dottrina sociale della Chiesa. Giovanni Paolo II la rilanciò nella Sollicitudo rei socialis affermando “la continuità della dottrina sociale ed insieme il suo costante rinnovamento” come “riprova del perenne valore del magistero della Chiesa” nella sfera sociale (n. 3). Egli ha impresso un dinamismo nuovo agli insegnamenti sociali della Chiesa che, nel loro insieme, definisce «dottrina» o «corpo dottrinale», considerato sia come uno strumento di evangelizzazione sia pure come contributo che la Chiesa può offrire per la soluzione dei problemi dello sviluppo. Dato il suo «collegamento vitale» con il Vangelo, la Dottrina sociale fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. In breve, è annuncio del Vangelo “in re sociali”, come dirà Benedetto XVI.
Su questa scia troviamo papa Francesco, che dedica il capitolo IV di Evangelii Gaudiumalla Dimensione sociale dell’Evangelizzazione. Egli afferma: “Il kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità”. Inoltre, se non si tiene conto di questa dimensione “si corre sempre il rischio di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice”(n. 177). Perché questa preoccupazione per il sociale? Il motivo profondo lo si trova nel fatto che l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio e redento dal sacrificio di Cristo, ha un valore inestimabile agi occhi di Dio, perciò a ogni cristiano deve stare a cuore la sua sorte e il suo vero bene integrale nella vita della Città. Pertanto, “dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta l’azione evangelizzatrice” (n. 178).
La carità politica
Francesco sottolinea, inoltre, che “che la proposta del Vangelo non consiste solo in una relazione personale con Dio. E neppure la nostra risposta di amore dovrebbe intendersi come una mera somma di piccoli gesti personali nei confronti di qualche individuo bisognoso, il che potrebbe costituire una sorta di ‘carità à la carte’, una serie di azioni tendenti solo a tranquillizzare la propria coscienza” (n.180). Infatti, richiamandosi al concetto di “carità politica”, già espresso da Paolo VI, papa Francesco afferma che la vera carità deve puntare a creare strutture sociali e politiche giuste, alternative alle “strutture di peccato”, denunciate da Giovanni Paolo II. In conclusione, “tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali” (n. 180).Questi concetti, il pontefice li rilancerà in Fratelli tutti. Ma è davvero significativo che in Gaudete et exsultate, documento dedicato alla chiamata universale alla santità, Francesco richiami questa dimensione sociale della vita cristiana: “Nocivo e ideologico è anche l’errore di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista […]. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo[…]” (n.101).
Di conseguenza, la religione non deve restare chiusa nelle sacrestie e “nell’ambito privato”, e il suo compito non si limita a “preparare le anime per il cielo senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale”. Infatti, “una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di migliorare il mondo”. Ciò non significa una Chiesa che eserciti forme di ingerenza nella vita politica; infatti “il giusto ordine della società e dello Stato è il compito principale della politica”, e tuttavia la Chiesa “non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia”. Pertanto, tutta la comunità cristiana si deve “preoccupare della costruzione di un mondo migliore”. Infatti, il pensiero sociale della Chiesa orienta un’azione trasformatrice, e perciò rimane sempre un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo (vd EG. nn. 182-183).
La ricca eredità del magistero sociale di Papa Francesco attende di essere raccolta dalle comunità cristiane, che devono saper “coltivare sogni per il futuro”, in un “coinvolgimento personale e comunitario”. Queste parole di Francesco risuonano ai nostri giorni con una valenza particolare: nonostante i gravi conflitti e le divisioni che lacerano il mondo, i forti venti di crisi che generano paure, a livello internazionale, tutti siamo chiamati a scommetterci per “organizzare la speranza”.