Sono ampiamente iniziati i lavori di restauro dell’organo della chiesa di Sant’Antonio Abate a Belpasso – uno strumento firmato “Laudani e Giudici”, costruito tra il 1904 e il 1905 – grazie a un intervento sostenuto con i fondi dell’8 per mille della Chiesa cattolica, fondi della Regione Siciliana e il contributo della ditta siciliana “Fratelli Cimino”. A raccontarci la storia è Grazia Spampinato, direttrice del Museo Diocesano, che da tempo segue e coordina le operazioni di tutela e valorizzazione degli organi storici della diocesi. «L’organo venne realizzato in sostituzione di uno distrutto dal ciclone che colpì Belpasso nel 1902. A promuovere la sua ricostruzione fu l’arcivescovo Francica-Nava, che avviò una raccolta fondi per dotare la chiesa di un nuovo strumento.» La scelta cadde su una delle ditte organarie più attive in Sicilia a cavallo tra Ottocento e Novecento. Alessandro Giudici, fondatore della bottega insieme a Laudani, era arrivato sull’isola nel 1877 per conto della ditta Serassi. A lui si deve l’apertura dei primi laboratori a Pedara e poi a Palermo. Il figlio, Giovanni Giudici, proseguì l’attività del padre, firmando numerosi strumenti, tra cui proprio quello di Belpasso. L’organo si distingue per quella che i suoi costruttori definivano una “fonica morbida”, caratteristica della scuola siciliana di inizio Novecento, pensata per accompagnare la liturgia in modo discreto, ma avvolgente. Il restauro è stato possibile grazie al sostegno previsto dall’articolo 5 del piano di distribuzione dell’8xmille, che consente di finanziare il recupero di organi a canne di interesse storico.

La valutazione positiva da parte della CEI ha portato all’approvazione del progetto e all’avvio dei lavori. «Ogni anno vengono individuati nuovi strumenti su cui intervenire – spiega Spampinato – ma è fondamentale che ci sia una precisa documentazione storica e una valutazione tecnica accurata.» Nel caso dell’organo di Belpasso, gli interventi hanno riguardato la tastiera, le canne metalliche e altri elementi funzionali legati alla fonica e alla disposizione cromatica. Il risultato è un recupero fedele che restituisce alla comunità parrocchiale non solo uno strumento musicale, ma anche un pezzo della sua storia. Oggi l’organo torna a essere parte attiva della liturgia e del tessuto culturale di Belpasso. Un ritorno che conferma l’importanza della cura continua del patrimonio diffuso, spesso silenzioso, ma essenziale per comprendere il valore dei luoghi.

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