Di Irene Persano
“Anche nel Donbass smettono di parlare russo, sono contro la guerra. Mosca mente, non ci sono russi da salvare. È solo propaganda”. Anna (nome di fantasia) racconta la tragedia in atto ai confini dell’Europa partendo dalla sua storia personale. “Mio padre ha parlato russo una vita ed è andato a morire per liberare l’Ucraina. All’inizio della guerra era in un altro paese, è tornato per arruolarsi e proteggere la sua famiglia. Se non i nostri padri chi ci difenderà?”
Anna vuole raccontare la sua storia partendo dall’amore. L’amore di un padre che ha sacrificato tutto e l’amore a prima vista che oggi la lega ad un giovane catanese con cui condivide lavoro e famiglia.
“Io avevo 23 anni e lui 27 – racconta – ci siamo innamorati parlando un pessimo inglese e vedendoci ogni tre mesi. Non ho mai avuto dubbi sul nostro futuro. Ci siamo sposati nel 2020, prima dell’invasione russa abitavo già a Catania”. All’inizio del 2022 Anna e suo marito erano a Kiev per incontrare i parenti, quando ricevono una telefonata dall’Italia. “Era mia suocera – dice Anna – che ci chiedeva di tornare di corsa, perché le truppe russe erano alle porte della città”. Anna rabbrividisce al pensiero: “E’ inquietante, dovevamo rimanere qualche altra settimana, potevamo restare bloccati”.
Anna in Ucraina saluta la madre ed un fratello disabile che, poco dopo, la seguiranno lasciando indietro il padre che dal fronte non tornerà più.
“Mia madre e mio fratello sono venuti qui due anni fa – dice – stavano in una casa di amici ma si sono trovati male. Mio fratello senza spazio per camminare in sicurezza e mia madre senza sapere la lingua e totalmente dipendente da me. Per loro era una prigione dorata. Dopo tre mesi, sono tornati indietro. Per mia madre gli ucraini preferiscono essere liberi nella loro casa sotto le bombe piuttosto che prigionieri al sicuro”.
È con fierezza che la giovane Ucraina, oggi trentenne, parla della sua gente.
Di cose Anna ne ha viste, era a Kiev anche nel 2014 durante le rivolte contro il presidente Janukovych, ha toccato con mano la violenza dei titushky. “Ero nascosta in un ostello con altre ragazze, dovevamo stare al buio e in silenzio. Vedevo le pattuglie passare davanti la porta di vetro. È stato terrificante”.
La sua storia è una delle tante, ma a differenza di altre sue connazionali, lei ha scelto di rimanere per amore. “Chi viene qui – spiega – è costretto a lasciare i sogni indietro…i nostri titoli di studio non sono riconosciuti. Mia cugina viveva qui prima di me e sta ancora recuperando i crediti universitari per fare il suo lavoro”.
“Molti italiani che incontro sono contro Zelensky – continua accigliandosi – spesso mi chiedono se siamo soddisfatti di ‘questo scemo’. Sono convinti che non voglia accettare la pace e porterà la guerra in Europa. Non capiscono che i russi non rispettano la tregua, ascoltano solo la violenza. I miei amici sono morti. Gli ucraini sono orgogliosi di non piegarsi sotto la volontà di Mosca e aspettano delle vere garanzie”.
“È dal secolo scorso –conclude Anna – che i russi provano ad eliminarci, uccidevano gli intellettuali ucraini durante la rinascita. Ci considerano inferiori”.
Per la sua terra, Anna ha pagato il prezzo più alto. Nonostante ogni giorno di fianco alla telefonata con sua madre ci sia un bollettino di guerra, non perde la speranza.
Ha un cuore di ferro ed è con questo che lancia un ultimo appello agli italiani: non cadete nella propaganda, informatevi più che potete. Non sempre possiamo nasconderci dalla realtà.