Il 7° Report della Caritas Diocesana di Catania restituisce l’immagine di una città segnata da fragilità diffuse, ma attraversata da reti di prossimità e da una speranza tenace. Dai numeri emerge un impegno quotidiano e strutturato. Dalle parole dei protagonisti, l’invito a riconoscere nei poveri non solo un bisogno, ma un volto, una cultura, una dignità.
«Scoprire la bontà del povero, apprezzare la sua cultura, sono compiti ben più profondi che offrirgli un pasto caldo». Con queste parole, l’arcivescovo Luigi Renna ha introdotto la presentazione del 7° Report Caritas “Un cuore che vede dove c’è bisogno d’amore”, consegnando alla città una lettura spirituale e concreta della povertà. Non si tratta solo di numeri – oltre 15.500 interventi realizzati nel 2024, 4.000 in più rispetto al 2023 – ma di vite segnate da solitudine, marginalità, attese.
Gli interventi quotidiani oltre 350 al giorno
A ricevere questi interventi quotidiani – circa 350 al giorno – sono per il 51% italiani, in prevalenza uomini tra i 25 e i 54 anni, spesso disoccupati o pensionati, con scarsa scolarizzazione. Il volto della povertà, oggi, è anche quello di chi vive in silenzio la propria solitudine e chiede ascolto, dignità, relazioni.
Proprio su questo ha insistito Carmela Impeduglia, referente dell’Osservatorio Caritas: «Quest’anno ci siamo soffermati sulla povertà di speranza. È una povertà invisibile, ma molto insidiosa. La solitudine mina la capacità di resilienza. Per questo è fondamentale guardare alle povertà con uno sguardo relazionale». Non a caso, le storie raccolte nel Report – come quella di Hassan, 61 anni, marocchino, che oggi frequenta l’Help Center dopo una vita di lavoro e sacrifici – mostrano quanto sia vitale sentirsi chiamati per nome, visti, riconosciuti.
I volontari e la rete nel territorio
Don Nuccio Puglisi, direttore della Caritas, ha sottolineato: «Anche davanti a dati in perenne aumento, la speranza ha un posto ed una considerazione particolare. Quest’anno, tempo giubilare in cui ogni cristiano è chiamato a farsi pellegrino di speranza, e dunque a dover considerare un dovere morale la scelta dell’ottimismo anche davanti a dati frustranti ». È una speranza concreta: si traduce nei pasti serviti (250 al giorno), nelle docce, nel vestiario, nelle consulenze psicologiche e legali, nel microcredito e nell’orientamento lavorativo.
Il tessuto di aiuti è reso possibile dal contributo dei volontari – circa 250 – ma anche dalla rete di realtà del territorio, come ricorda la dott.ssa Valeria Pisasale, commissario della Confraternita Maria SS. del Soccorso, ente gestore della Caritas: « Il nostro è un impegno quotidiano che viene garantito, nelle prestazioni degli operatori, così come nella logistica e nei beni forniti, dal fondamentale sostegno dell’8xmille alla Chiesa Cattolica e dal cofinanziamento della Diocesi. Decisivo, inoltre, il contributo di altri enti del terzo settore, come il Banco Alimentare, ma anche di forze dell’ordine, aziende, studi medici, farmacie, piccole imprese, esercizi commerciali, scuole e semplici cittadini che, attraverso la donazione di beni e l’erogazione di aiuti economici, consentono ai volontari di compiere quotidianamente il loro servizio nei confronti dei più fragili della città.»
L’impegno educativo
Importante anche il lavoro educativo: doposcuola nei quartieri come San Giorgio, laboratori teatrali, alfabetizzazione digitale. Le parrocchie, 37 quelle coinvolte nel report, rappresentano un osservatorio privilegiato. Tra i bisogni più diffusi: povertà occupazionale, separazioni, solitudine. Qui la Caritas è in uscita, attenta ai volti più che alle etichette. E sono proprio i volti, le voci, a fare la differenza. Come quella di Assan: «La solitudine ti consuma piano piano. Ma la speranza è più forte». Il cuore della Caritas pulsa in questa consapevolezza: che la vera ricchezza è l’incontro, la relazione, il “noi”. E che nessuno dovrebbe essere invisibile.