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Leone XIV, Dottrina sociale della Chiesa e Comunità cristiane

C’è una domanda crescente di Dottrina Sociale della Chiesa a cui dobbiamo dare risposta”, così Papa Leone alla Fondazione C.A. (17 maggio). E un mese dopo, alla  CEI: “Abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica”. Raccogliendo gli appelli del Pontefice, vogliamo offrire  nei prossimi articoli un approccio alla DSC.

Cosa è la Dottrina sociale della Chiesa?

E’ annuncio del vangelo “in re sociali” perché essa ne “propone le dirette conseguenze nella vita della società e inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo salvatore” (CA n 5). Infatti, il vangelo ha una dimensione   “ineludibilmente sociale” (EG n 177) e, pertanto, rientra nella missione evangelizzatrice della Chiesa “insegnare e diffondere la dottrina sociale” che, con il proprio sguardo antropologico, favorisce un corretto “accesso alle questioni sociali” (vd CA). In sintesi: l’insegnamento sociale della Chiesa trae la sua origine dall’incontro delle esigenze etiche del messaggio evangelico con i problemi che sorgono nella vita sociale. Infatti, il Vangelo non può essere scollato dalla vita concreta. I complicati nodi delle situazioni create dalle vecchie e nuove povertà, le ingiustizie e i mali sociali, la diffusa corruzione, interpellano la comunità cristiana, che deve orientare la prassi dei credenti e degli uomini di buona volontàalla luce del Vangelo. E’ questo il filo rosso che collega Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco, Leone XIV, dopo che, negli anni seguenti il Vaticano II, alcuni circoli culturali – teologici avevano decretato una specie di ostracismo verso la Dottrina sociale, causando un impatto negativo sull’impegno socio-politico dei cattolici: per evitare un presunto integralismo si vanificava il valore pubblico della fede. Il rilancio della Dottrina sociale è segnato dalla  Sollicitudo rei socialis(1987) di Giovanni Paolo II, che arricchiva il corpus dottrinale che si era andato formando dalla Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, che a sua volta affondava le sue radici nella lunga e feconda tradizione dei Padri della Chiesa. E’ un patrimonio che si è ampliato con nuovi apporti (come dimostrano i suoi quasi 135 anni), man mano che la Chiesa sviluppava la sua riflessione teologico-morale sulle complesse e inedite problematiche che, lungo la Storia, apparivano sulla scena della vita socio-economica e politica.

Non è una “terza via”

Ma, per collocare al giusto posto la Dottrina sociale della chiesa, notiamo che “non è ‘una terza via’ tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé”. Così Giovanni Paolo II, che chiarisce: non si tratta nemmeno di “un’ideologia”, bensì di una “accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale” (SRS n 41). La Chiesa, con la sua Dottrina sociale, non effettua una digressione trascurando i suoi compiti principali, né ricerca  qualche vantaggio né, tanto meno, si prefigge alcuna ingerenza nel campo della vita sociale. Molto più semplicemente, essa si propone di restare fedele al suo compito fondamentale, che è quello dell’evangelizzazione, con cui deve permeare tutto il tessuto delle molteplici e svariate attività umane. E’ alla luce della Rivelazione e del Vangelo che la Chiesa si pronuncia sulle problematiche sociali e politiche. In tal modo, insegnamento sociale ed evangelizzazione si integrano e la Chiesa adempie la sua specifica missione. Di conseguenza, per la Chiesa evangelizzare il sociale è un diritto, che non le può essere contestato. Essa, infatti, è chiamata a “far risuonare la parola liberante del Vangelo nel complesso mondo della produzione, del lavoro, dell’imprenditoria, della finanza, della cultura, delle comunicazioni sociali, in cui vive l’uomo” (CDS n 70). Ma a questo diritto, corrisponde l’altra faccia della medaglia: un preciso dovere. Infatti, a causa degli “effetti perversi dell’ingiustizia”, la Chiesa “non può restare indifferente alle vicende sociali, perché la società con tutto ciò che in essa si compie, riguarda l’uomo, che è la prima fondamentale via della Chiesa” (CDS nn 71 e 62).

Questi rapidi accenni aiutano a capire l’urgenza che le comunità cristiane siano formate alla Dottrina sociale della Chiesa.

(1 – continua)

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