di Don Antonino De Maria

In questo tempo in cui stando a casa passo più tempo tra i social dove la gente mostra il proprio livello di conoscenza religiosa, dove tutti sanno tutto e discutono di tutto con la stessa saccenteria di certi personaggi del Decamerone, mi sono reso conto (o forse lo sapevo già) del danno che in tutti questi anni una presenza a singhiozzo e non sempre corretta della Chiesa nei mezzi di comunicazione e una predicazione spesso moralistica e sentimentalistica hanno prodotto. A questo va aggiunto anche l’atteggiamento protagonistico di chi si presenta come “teologo” di grido.

Faccio degli esempi: quando ero adolescente mi preparai alla prima comunione con il catechismo di San Pio X e lo ha fatto tutta la mia generazione. Alla domanda dov’è Dio risponde Dio è in cielo, in terra ed in ogni luogo. Questa espressione che significa che il Dio trascendente e creatore lo incontri nella sua creatura che è il cosmo, è diventata la frase cara di chi pensa che Dio è in tutte le cose e che quindi non è necessaria la Chiesa né un luogo in cui incontrarlo e pregarlo.

Questo è evidente panteismo più vicino al Deus sive Natura di un tal Spinoza che Hegel chiama acosmismo per difendere Spinoza dall’accusa di ateismo. È chiaro che la maggior parte della gente non conosce nemmeno Spinoza e non si avvede nemmeno di essere panteista, credendo, in buona fede, quella di chi non ha ricevuto una corretta catechesi, di essere profondamente cattolico e quindi, autorizzato a rinnegare l’inutile chiesa dei preti.

Questo deismo, di una divinità evanescente e spalmata sull’universo, si esprime in una spiritualità sentimentale e privatista o, come dice il Papa, gnostica, che come per gli gnostici più accreditati, alla fine si sgancia da ogni norma morale ridotta al è buono ciò che mi fa star bene. A questa confusione si aggiunge quel pelagianesimo, che insieme allo gnosticismo, il Papa vede come mentalità nemica di Cristo che, tuttavia, serpeggia nel tessuto ecclesiale e che riduce il cristianesimo ad un fare come si può il bene e si moltiplica in opere buone e meritorie.

Ma cos’è il Cristianesimo? È l’avvenimento del Risorto che abita la sua Chiesa, cioè la comunità dei battezzati e, attraverso la sua azione, corroborata dal soffio dello Spirito, lo rende presente nel mondo, cioè continua la sua opera di salvezza dell’uomo, di “felicizzazione” dell’umano che trova in Dio non solo la sua origine creaturale ma la sua filialità.

Recuperare una nuova iniziazione cristiana, pre e post battesimale, significa edificare comunità trasfigurate dallo Spirito e capaci di vera missione, cioè di rendere presente e agente il Risorto nel mondo. Per questo con prudenza, con amore ai fratelli più deboli, occorre riprendere a vivere tutto lo spessore della vita ecclesiale e, senza accontentarci di celebrazioni con il popolo, aiutare questo popolo a diventare un popolo celebrante, che, con gioia, ama l’umanità e gli annuncia Cristo Risorto, essendone come “il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” Lumen Gentium 1

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