Alla vigilia della celebrazione dei funerali del Papa emerito Benedetto XVI tutta la Chiesa di Catania, e non solo, eleva al Padre la sua preghiera di suffragio, consapevole che il bene che quest’uomo di Dio ha fatto alla Chiesa come presbitero, teologo, vescovo e papa, è stato grande, e che egli si presenta davanti all’Altissimo con le mani ricolme dei frutti di una vita che è stata ricca di carità intellettuale e pastorale. L’Arcivescovo Mons. Luigi Renna, nella celebrazione Eucaristica in suffragio nella Cattedrale, delinea i tratti salienti di un maestro e di una guida spirituale e morale che ha esortato a non avere paura di testimoniare la propria fede.

Alla solenne Concelebrazione Eucaristica hanno preso parte, il Vescovo di Avezzano Mons. Giovanni Massaro, presbiteri, religiosi, religiose, laici e numerose autorità civili e militari, fra cui:

  • S. E. il Prefetto dott.ssa Carmela Librizzi
  • Sig. Commissario Straordinario del Comune di Catania dott. Federico Portoghese
  • Sig. Questore dott. Vito Calvino
  • Per il Presidente Tribunale di Catania il dott. Sebastiano Mignemi (presidente I Corte d’Assise)
  • Per il Comandante provinciale Guardia di Finanza il Col. Giuseppe Pisano
  • Per il Comandante provinciale Carabinieri il Tenente Col. Ottavio Chiarenza
  • Per il Sig. Comandante Direzione Marittima della Sicilia Orientale il Com. in II Capitano di Vascello Davide Barbagiovanni Minciullo
  • Sig. Direttore Direzione Investigativa Antimafia Dott. Carmine Mosca
  • Per il Presidente Consiglio Comunale Catania il dott, Graziano Binaccorsi
  • Sig. Presidente Comitato Festa Sant’Agata dott.ssa Mariella Gennarino e membri Comitato
  • Ordine Equestre Santo Sepolcro di Gerusalemme
  • Sovrano Ordine Militare di Malta
  • Ordine Equestre Pontificio di San Gregorio Magno

Di seguito si riporta il testo integrale dell’omelia di Mons. Luigi Renna:

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

distinte autorità civili e militari,

ogni successore di Pietro è un dono della paternità divina alla Chiesa. Scopriamo con stupore che lo spirito Santo non fa mancare mai alla Chiesa universale il Papa che risponde con generosità, con la sua guida e il suo magistero, ai segni dei tempi di una storia mutevole in cui Dio veglia su di noi. Del ministero di Papa Benedetto XVI, alla vigilia della celebrazione dei suoi funerali, voglio sottolineare tre aspetti: la fede nella quale ci ha confermato, la trasparenza che ha voluto per la Chiesa, l’amore alla Sposa di Cristo.

Anzitutto il modo con cui ha vissuto il ministero pietrino, che è quello di “confermare nella fede i suoi fratelli” (cfr. Lc 22, 32): che è stato frutto di una vocazione che inizia con la sua storia di fede. Egli ci ha indicato, come il Battista, Cristo Agnello di Dio; ma prima ancora, come il discepolo amato, ha chiesto al Maestro: “Dove abiti?”, ed è vissuto nella ricerca costante della conoscenza di Dio, tanto che il suo tempo, tutto il tempo della sua vita, è stato segnato da questo incontro salvifico. Prima di essere eletto Papa, Joseph Ratzinger è stato un grande teologo e, come vescovo e come cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si è preoccupato sempre di “rendere ragione della speranza” (cfr I Pt 3,15) all’uomo contemporaneo. Ha fatto ciò con grande intelligenza e passione, con la consapevolezza dei cambiamenti in atto nel mondo contemporaneo. In uno dei suoi testi fondamentali, che non dovrebbero mai mancare nella biblioteca di uno studioso o di uno studente di teologia, “Introduzione al cristianesimo”, egli riporta un apologo di Kierkegaard, ripreso dal teologo Harvey Cox e che Ratzinger fa suo.

La storiella narra di un circo viaggiante in Danimarca colpito da un incendio; il direttore del circo manda subito il clown, già vestito per lo spettacolo, a chiamare aiuto nel villaggio vicino. Ma quando il clown giunge al villaggio, la gente pensa che stia recitando; più questi scongiura di allertarsi, più gli altri ridono, fino a quando il fuoco distrugge circo e villaggio. Commenta Ratzinger: “Cox narra questo apologo a titolo esemplificativo per delineare la situazione in cui versa il teologo al giorno d’oggi, e nel clown, che non riesce a farsi che il suo messaggio sia veramente ascoltato dagli uomini, vede l’immagine del teologo. (…) Nell’immagine si cela indubbiamente una traccia dell’imbarazzante realtà in cui si dibattono oggi la teologia e il linguaggio teologico; qualcosa della pesante impossibilità di rompere gli schemi delle abitudini mentali e linguistiche, per presentare la causa della teologia come caso serio della vicenda umana”.

Ecco: il teologo e poi vescovo e cardinale Joseph Ratzinger, ha cercato di avvicinare sempre più la teologia e l’annuncio evangelico al mondo contemporaneo, ci ha insegnato che la fede non restringe, bensì amplia gli orizzonti della ragione e “una fede che cerca l’intelligenza, (fides quaerens intellectum), svela anche che l’intelletto cerca la fede (intellectus quaerens fidem) per comprendere la grandezza del mistero di Cristo e del mistero dell’uomo. Ci ha insegnato che il cuore dell’etica cristiana è la carità, e che nella fede in Cristo il dissidio tra eros e agape trova una risposta: “La fede biblica non costruisce un mondo parallelo o un mondo contrapposto rispetto a quello originario fenomeno umano che è l’amore, ma accetta tutto l’uomo intervenendo nella sua ricerca di amore, per purificarla, dischiudendogli al contempo nuova dimensioni”. (DCE, 8).

Papa Benedetto XVI ha tenuto molto alla trasparenza e alla credibilità della Chiesa, in un tempo in cui sono emersi scandali per la pedofilia messa in atto da preti e religiosi, scandali economici e persino questioni legate alla riservatezza di chi ricopriva compiti delicati. Questi fatti non sono stati occultati dietro le spesse mura vaticane, ma sono state da Papa Benedetto denunciate, sono divenute oggetto della sua cura di pastore attento a non far entrare lupi nel recinto delle pecore. In modo accurato, poche settimane prima di essere eletto Papa aveva pregato durante la Via Crucis al Colosseo, con queste parole: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa e, proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui. Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione” (Commento alla IX stazione della Via Crucis). Papa Benedetto ci ha insegnato la trasparenza, l’esigenza di credibilità, il coraggio di denunciare che non può essere disgiunto da quello dell’annunciare il Vangelo, ha avviato un processo di riforma che è ancora in atto.

Papa Benedetto ci ha insegnato ad amare la Chiesa in tutte le tappe della sua vita, nel mistero di teologo, di vescovo, di successore di Pietro. Abbiamo ascoltato nella I lettura: “Amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (1 Gv 4,7). E come a commento di queste parole, Papa Benedetto ha scritto: “Tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo: cerca la sua evangelizzazione mediante la Parola e i Sacramenti, impresa tante volte eroica nelle sue realizzazioni storiche; e cerca la sua promozione nei vari ambiti della vita e dell’attività umana”. (DCE, 19).

Ha amato fino in fondo, e si ama quando si serve, ma anche, anzi forse proprio di più, perché ci si spoglia di tutto, quando si passa il testimone. Ha amato la Chiesa quando ha rimesso il suo mandato, e ai cardinali ha consegnato un messaggio che sentiamo far nostro: “Vorrei lasciarvi un pensiero semplice, che mi sta molto a cuore: un pensiero sulla Chiesa, sul suo mistero, che costituisce per tutti noi – possiamo dire – la ragione e la passione della vita. Mi lascio aiutare da un’espressione di Romano Guardini, scritta proprio nell’anno in cui i Padri del Concilio Vaticano IIapprovavano la Costituzione Lumen Gentium, nel suo ultimo libro, con una dedica personale anche per me; perciò le parole di questo libro mi sono particolarmente care.

Dice Guardini: La Chiesa “non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino…, ma una realtà vivente… Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo”. È stata la nostra esperienza, ieri, mi sembra, in Piazza: vedere che la Chiesa è un corpo vivo, animato dallo Spirito Santo e vive realmente dalla forza di Dio. Essa è nel mondo, ma non è del mondo: è di Dio, di Cristo, dello Spirito. Lo abbiamo visto ieri. Per questa è vera ed eloquente anche l’altra famosa espressione di Guardini: “La Chiesa si risveglia nelle anime”. La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime, che – come la Vergine Maria – accolgono la Parola di Dio e la concepiscono per opera dello Spirito Santo; offrono a Dio la propria carne e, proprio nella loro povertà e umiltà, diventano capaci di generare Cristo oggi nel mondo. Attraverso la Chiesa, il Mistero dell’Incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua a camminare attraverso i tempi e tutti i luoghi.”

La più bella testimonianza che possiamo portare di questo papa che abbiamo conosciuto, è proprio quello di averci consegnato, con tanti insegnamenti, questo semplice verità, che per noi oggi diventa impegno di vita: la Chiesa, la nostra Chiesa, si risveglia nelle anime.

+ Luigi

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