Ogni festa patronale ha le sue prerogative e quella della Madonna della Pace, a Tremestieri Etneo, non sfugge alla regola. Basterebbe però solo la collocazione temporale a farla riconoscerla come unica nel comprensorio catanese, il primo giorno dopo l’Ottava di Pasqua dove risuona ancora con forza il saluto di Gesù Risorto rivolto ai suoi discepoli: “Pace a voi”. E poi il titolo della Pace, di una parrocchia e della Vergine Maria.

Quella pace – ha sottolineato l’Arcivescovo Mons. Luigi Renna nella sua omelia nella celebrazione solenne di lunedì 17 aprile, giorno di solennità della Madonna della Pace e festa civile per la città di Tremestieri – è come un file rouge di tutto il Vangelo e della stessa vita di Maria”. Ribadendoancheche “il titolo della Pace è molto bello” ma comporta anche un doppio impegno: per le comunità parrocchiali indica la strada della concordia e dello stile sinodale di ascolto e di dialogo, per la società civile quello di ricordarsi dell’articolo della Costituzione che ripudia la guerra, articolo che vale anche per noi cristiani e deve essere sempre presente nei nostri pensieri, senza dimenticarlo mai.

Particolarmente toccanti e pieni di suggestioni dell’animo, nel silenzio e durante la processione-pellegrinaggio del fercolo con il simulacro della Madonna della pace per le vie cittadine, sono stati quest’anno i momenti di preghiera e la frequente benedizione impartita dal parroco don Gaetano Sciuto, ad ogni sosta del fercolo, ai fedeli affacciati alle finestre e balconi delle case, così come quelli durante l’omaggio floreale del sindaco Santi Rando a nome dell’amministrazione e di tutto il Consiglio comunale, della polizia locale e dei Carabinieri e quelli rivolti a tutti i volontari del dono, in piazza Mazzini (del Municipio) e nell’attiguo Parco del Donatore della città che si fregia del titolo di “città della pace e del dono”. E di più, in un clima di commozione e amore filiale coinvolgente sia grandi che piccoli, dopo la tradizionale Cantata alla Madonna della Pace sul sagrato, quei momenti in silenzio e preghiera del cuore vissuti davanti alla materna immagine della Madonna, con le sole note evocative di paradiso dell’ottocentesco organo a canne recentemente restaurato, prima della chiusura del venerato simulacro nella cameretta.

I fuochi d’artificio, la banda musicale, le solenni celebrazioni eucaristiche, il pellegrinaggio cittadino dell’offerta dei fiori e della cera, la Giornata della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato alla sua prima edizione, la raccolta di sangue e plasma cittadina e la fiera del dolce hanno fatto il resto della festa, nell’arco dei giorni dal 12 al 17 aprile.

Di seguito il testo dell’omelia dell’Arcivescovo:

Carissimi fratelli e sorelle,

per prepararmi l’omelia della presente celebrazione ho cercato invano un testo significativo tra le omelie del Santo Vescovo di Molfetta Don Tonino Bello nella raccolta “Maria, donna dei nostri giorni”: con sorpresa non ho trovato nessuna riflessione su questo titolo mariano a lui molto caro. Eppure Don Tonino è stato un profeta di pace! Poi mi sono dato una risposta: il tema della pace attraversa tutta la storia della salvezza, e volerla “fermare” in una sola icona biblica, sarebbe davvero riduttivo. Tutti i brani evangelici che ci parlano della Madre di Gesù hanno questo “filo rosso” della pace che li attraversa. Ad Ain Karim, ad esempio, nella casa di Zaccaria ed Elisabetta, proclamando le lodi di Dio nel Magnificat, Maria annuncia che la pace nasce quando il Signore rovescia i potenti dai troni ed innalza gli umili, quanto riempie di beni le mani degli affamati di ogni tempo. Sembra, direi, che quello che l’enciclica “Populorum Progressio” di San Paolo VI, con l’affermazione che “lo sviluppo è il nome nuovo della pace”, abbia in quel canto di Maria le sue radici.

Ricorda a noi che i conflitti si compongono quando i progetti sociali, politici ed economici tengono in conto il superamento di povertà strutturali, l’inclusione dei poveri, l’equità come obiettivo imprescindibile. Fino a quando i poveri non saranno al centro delle nostre preoccupazioni, la pace sarà sempre in pericolo e non sarà mai autentica. Maria ha anche sentito il cantico degli angeli a Betlemme: apparsa ai pastori, quella moltitudine di messaggeri celesti, ha cantato “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore”. Quel Bambino che Lei stringeva tra le braccia era la certezza che Dio ama tutti gli uomini e non farà differenza neppure tra giusti e peccatori, non perché condivida il peccato, ma perché non ripudia nessuno dei suoi figli.

Quando a Cana è stata la testimone del primo dei segni del Figlio di Dio, avrà presentato a Gesù, con la constatazione: “Non hanno più vino”, la richiesta della pace in tutto il mondo e in tutti i tempi, perché quando all’umanità manca la pace, le manca il “vino buono” che fa lieta e pacifica la convivenza di un popolo. E quando dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”, apre la strada a quelle parole così esigenti di Gesù: “Perdona settanta volte sette… Porgi l’altra guancia”. Ma sarà sulla Croce che Maria raccoglierà le parole di mitezza del Suo Figlio, che gli affiderà in Giovanni la Chiesa, esperta in umanità e quindi in gesti di pace. Saranno ancora parole che invocano il perdono: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”; o che esprimono il dolore di tutte le vittime della guerra: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”? O ripongono in Dio la fiducia dei vinti: “Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito”.

Maria è infine nel cenacolo con la Chiesa, ancora oggi, come nei giorni tra l’Ascensione e Pentecoste. È là a pregare perché il Signore doni la pace e lo Spirito Santo, i doni mai disgiunti del Risorto che, apparendo ai suoi dice: “Pace a voi!” e alitando su di loro lo Spirito Santo, dà il potere di perdonare i peccati. È la grazia del sacramento della Riconciliazione, ma anche la forza più grande che ciascuno di noi possiede nelle relazioni con gli altri, quella di perdonare, di riconciliarsi, di donare nuovamente fiducia. Maria è testimone e ragione di pace, accanto a Cristo, il Principe della Pace. Cosa dice alle nostre comunità di Tremestieri Etneo che la invocano come patrona? Io credo che indichi queste due strade: la prima alle parrocchie, la seconda alla società civile.

Alle nostre parrocchie indica la strada della concordia: non possiamo annunciare il Vangelo e celebrare l’Eucarestia senza porre autentici gesti di pace. Non possiamo presentare l’offerta all’altare se non andiamo prima a riconciliarci con nostro fratello. Il cammino sinodale, nell’ascolto reciproco gli uni degli altri, ci dice lo stile del vivere riconciliati. Se sapremo ascoltare, apriremo la strada al dialogo, alla comprensione del prossimo, alla pace autentica.

Alla società civile, al Sindaco e all’Amministrazione ricordo che l’Italia ha un articolo nella sua Costituzione, l’undicesimo, nel quale ripudia la guerra. Ripudiarla significa tenerla lontana dal proprio prossimo, da ogni azione che può favorirla. Quest’anno ricordiamo l’enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, che proprio l’11 aprile di 60 anni fa affermò che “è una follia, nel tempo in cui il mondo si vanta della forza atomica, ricomporre i diritti violati con la guerra”. Perciò preghiamo per la pace, agiamo per la pace, promuoviamo, per quanto ci è possibile, la strategia del disarmo. Maria Regina della Pace, vegli sulle nostre comunità e sul nostro pianeta e diriga i nostri passi nella via che il Suo Figlio, Principe della shalom, ha inaugurato.

 + Luigi

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