di Mariella Chiantello

Cosa significa “accogliere” in una famiglia un minore che appartiene ad una realtà familiare bisognosa di supporto? Quali nuove dinamiche relazionali all’interno della coppia e tra genitori e figli naturali? Perché molte famiglie sentono il desiderio di aprirsi all’affido familiare oppure all’affido educativo?

Sono i temi affrontati il 5 dicembre scorso presso la sede dell’Associazione “Famiglie per l’Accoglienza” grazie alla testimonianza di vita di alcune coppie affidatarie che proprio a Catania operano a sostegno di minori deprivati delle più naturali condizioni di vita che assicurano una crescita serena ed equilibrata.

Marcello e Lidia sono sposati da 24 anni e vivono con impegno il loro lavoro quotidiano da insegnanti. Ora che si avvicinano alla pensione e i ritmi potrebbero diventare più blandi, hanno deciso di dare una nuova dimensione alla loro famiglia, quella dell’accoglienza.

In fuga dalla guerra, un gruppo di bimbi ucraini giunge a Catania ed è ospitato presso un istituto di suore. Con degli amici, Lidia incontra i bambini al doposcuola. Marcello racconta: “Fin dall’inizio ho compreso che questa storia, in cui Lidia mi ha coinvolto, potesse arricchirmi personalmente. Da più di un anno, abbiamo cominciato ad accogliere in casa un paio di bambini per volta, cercando di regalare loro momenti di spensieratezza ed affetto e facendogli vivere serene esperienze di vita in famiglia. Qualche sano divertimento al parco giochi, pranzo per lo più in casa, qualche giochino al cellulare, qualche “delizioso” panino al McDonald’s; chi l’avrebbe mai detto che io e Lidia dovessimo cambiare ogni tanto le nostre abitudini alimentari! Ma il tutto fatto con entusiasmo, coinvolti dalla felicità dei bambini nel vivere esperienze nuove”.

Nel tempo ci si affeziona, si creano legami, in particolare con uno di loro. La sorpresa più grande è la scoperta che l’accoglienza porta il sigillo della gratuità. Come è accaduto?

“Sin dall’inizio – dice Lidia- è nata un’affezione intensa nei confronti di un bambino in particolare. Adesso non viene più con noi la domenica perché è stato abbinato per l’affidamento ad un’altra famiglia del Sud Italia. Il padre viene a prenderlo il venerdì e lo riporta a Catania la domenica sera. Ho accettato di lasciarlo andare, anzi di accompagnarlo verso questa famiglia. Il padre affidatario ci ha chiesto di andare in aeroporto la domenica sera a prendere il bambino per riaccompagnarlo in istituto. Così facciamo e stiamo assistendo al crescere dell’affezione del piccolo per quello che sarà il suo papà, mentre noi diveniamo nel tempo meno importanti per lui. La cosa bella che è accaduta, che non è per nulla scontata, è che questa famiglia è molto cordiale e sta nascendo un’amicizia fra noi, tanto che siamo già stati invitati a trascorrere insieme alcuni giorni di vacanza”.

Nelle sue parole, nessuna delusione. Eppure, molti al loro posto avrebbero smesso di aprire la porta di casa, per proteggersi, per non soffrire il distacco. Quale bene c’è per una famiglia, nell’approfondire le ragioni dell’accoglienza? È sempre Lidia a rispondere:

“Stiamo continuando ad accogliere altri bambini la domenica e poi la sera andiamo in aeroporto e assistiamo, mettendoci un po’ da parte per discrezione, al saluto fra il bimbo e il suo futuro papà… Ora non ha più tanto occhi per noi, che rappresentiamo forse l’istituto a cui deve tornare, ma per il padre. Di fatto lo stiamo accompagnando verso la sua famiglia e ora lui ha una luce nuova negli occhi, perché sa che c’è una prospettiva nella sua vita. Alla domanda sul bene e sul perché continuare, dico che la contentezza viene dall’aver iniziato a comprendere che voler bene significa volere il bene e la felicità dell’altro, con la disponibilità pur dolorosa – sembra una contraddizione – a lasciarlo andare per la sua strada. Tutto questo ha fatto bene alla mia famiglia perché osservo mio marito quando sta con i bambini.  Ognuno di noi due ha un modo diverso… eppure facciamo l’esperienza di una profonda condivisione”.

E Marcello: “Io e Lidia ci siamo confrontati spesso sulle motivazioni che ci spingono a continuare, sempre con passione, in questa forma di accoglienza. Da questo confronto – e non è scontato che ci sia – nasce il riconoscimento delle ragioni prevalenti, a volte differenti fra noi del nostro operato. Ciò che facciamo è comunque sempre sorretto da grande entusiasmo, e un po’ di fatica che si manifesta non pesa per nulla perché cogliamo la gioia dei bambini nel trascorrere la giornata insieme. C’è sempre tanto da imparare in termini di affetto, pazienza e tenerezza dai bambini disagiati. Per questo vale la pena di continuare, cercando di accompagnarli verso il loro destino buono, come facciamo ogni domenica e, per il piccolo cui è più affezionata Lidia, ogni domenica sera”.

Nell’accoglienza si imparano affetto, pazienza e tenerezza. Con l’associazione Famiglie per l’Accoglienza (accoglienzact@gmail.com), ci si incontra per imparare ad amare così, cercando il bene dell’altro attraverso il dono di sé. Marcello e Lidia ci assicurano che si può cominciare semplicemente accogliendo un bambino in famiglia, anche solo per un giorno a settimana!

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