
Nella Cattedrale, la Chiesa catanese ha celebrato l’inizio del ministero di Papa Leone XIV, il cardinale Robert Francis Prevost, eletto ieri al soglio pontificio. A presiedere l’Eucaristia è stato l’arcivescovo Luigi.
«Con grande gioia, ieri sera abbiamo accolto l’elezione del cardinale Robert Francis Prevost a Papa, con il nome di Leone XIV», ha esordito il presule. «Ancora una volta lo Spirito Santo ci ha sorpreso», ha detto, sottolineando come il nome del nuovo Papa non fosse tra quelli previsti dai media. Ma fin dalle prime parole del suo affacciarsi al mondo — quel «Pace a voi tutti» pronunciato con commozione — ha mostrato «parole cariche di affetto semplice e schietto, il richiamo a papa Francesco, alla pace, alla sinodalità, ci hanno conquistato umanamente tutti».
Il vescovo ha condiviso un ricordo personale: «Ho avuto modo di incontrarlo, insieme agli altri Vescovi, nella “Visita ad Limina”, e il suo tratto affabile e buono mi aveva già allora colpito». Ha poi ricordato la recente visita del nuovo pontefice in Sicilia, per la festa della Madonna delle Lacrime a Siracusa, e la sua devozione alla Vergine Maria. Al cuore dell’omelia, due domande: «Il motto di Papa Leone e quello che siamo chiamati a donargli».
Il motto scelto da Papa Leone XIV, “In illo uno unum”, tratto dal commento di Sant’Agostino al Salmo 126, è stato il centro della riflessione del vescovo: «In lui che è uno, noi siamo uno». A partire da questa espressione, l’arcivescovo ha spiegato: «Il motto di Papa Leone ci richiama all’unità della Chiesa, bene prezioso, che nasce dal Battesimo e dall’Eucarestia: l’uno ci fa nascere come corpo di Cristo, l’altra nutre la nostra comunione».
Poi, un’immagine potente: «Se saremo uniti saremo come “frecce in mano ad un eroe”, non per fare una guerra, ma per annunciare il Vangelo, per essere credibili, per essere per un mondo dilaniato dalle guerre, un segno di comunione e di pace».
L’unità è il primo impegno da offrire al nuovo Papa, ha detto mons. Luigi: «Una comunione che è quella che egli ci chiede con cuore di padre, e che già tante volte papa Francesco aveva invitato a conservare eliminando ogni forma di divisione».
La seconda domanda riguarda cosa ci chiede il Papa. Non una lista di richieste o aspettative, ha spiegato il vescovo, ma un atteggiamento di apertura e disponibilità: «Papa Francesco ci ha insegnato che un papa, prima di benedire, chiede di essere benedetto». Anche se Papa Leone non ha ripetuto il gesto, ne resta il significato profondo: «Il Papa chiede che lo benediciamo con la nostra preghiera e la nostra comunione».
E ancora: «Credo poi che egli chieda l’ascolto, non come uno stratega che domanda cieca obbedienza, ma come Pietro, che al mattino di Pentecoste, si rivolse a uomini provenienti da tutto il mondo conosciuto per annunciare Cristo morto e risorto». L’arcivescovo ha elencato i grandi temi che attendono l’attenzione del magistero: «la famiglia con le sue potenzialità e ferite, il dono della vita dalla nascita alla morte, i poveri, i migranti, la pace, il grido della terra».
Le parole pronunciate dal Papa appena eletto sono risuonate anche nell’omelia: «Senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come del ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace».
L’unità e la pace, ha concluso l’arcivescovo, sono anche l’eredità del nome scelto: «Egli, come altri grandi papi con il nome di Leone, colui che fu appellato Magno e papa Leone XIII, come Paolo, Giovanni Paolo, Benedetto e Francesco, vorrà raggiungere tutti gli uomini, ma non da solo, con noi che con lui siamo discepoli di Cristo».
E infine, un’immagine francescana: «Sarà un apostolo desideroso che gli si apra la porta come coloro che, invitati da Gesù Cristo a due a due, come frate Leone che si accompagnava a Francesco, entrando in ogni casa salutavano: “Sia pace a questa casa”».