
Di Dan Husti
Una folata di ottimismo ha attraversato le strade di Bucarest la notte del ballottaggio, quando Nicușor Dan, fino a poco tempo fa considerato un outsider centrista, ha capovolto il risultato del primo turno e si è aggiudicato la presidenza con il 53,6 % dei voti. Questa vittoria non ha semplicemente segnato un trionfo personale, ma un segnale forte inviato dall’elettorato romeno in favore di un allineamento più stretto con Bruxelles, in un momento in cui l’Unione europea affronta sfide complesse tra crisi energetica e migrazioni.
Decisivo è stato il contributo dei romeni all’estero: oltre 1,6 milioni di schede votate in circa 700 seggi diplomatici e consolari, principalmente in Francia, Germania e Italia, hanno messo in luce il desiderio di una guida orientata al dialogo con l’UE. Questi voti, che rappresentano quasi il 14 % dell’intero corpo elettorale, hanno ribaltato le previsioni che indicavano il voto all’estero più diviso, ma che invece è stato compatto contro le spinte nazionaliste
Un ribaltamento dei sondaggi
Solo quindici giorni prima, George Simion – leader del movimento AUR, noto per le sue posizioni sovraniste e ultranazionaliste, dominava i voti con il 41 %, mentre Dan arrancava al 21 %. Il secondo turno ha ribaltato lo scenario grazie a un ampio accordo fra forze moderate e a un linguaggio inclusivo, incentrato sulla lotta alla corruzione, sulla trasparenza amministrativa e sull’attrattività degli investimenti esteri. I giovani, in particolare, hanno premiato questo approccio, votando nei centri urbani più dinamici e nelle periferie in cerca di servizi, infrastrutture moderne e opportunità di lavoro.
Il tasso di affluenza è cresciuto di cinque punti rispetto al ballottaggio del 2019, attestandosi al 52,3 %, un dato che conferma una ritrovata partecipazione civica dopo anni di apatia politica. L’aumento dei voti nelle regioni di Transilvania e nella Moldavia orientale segnala inoltre una convergenza tra elettorati tradizionalmente diversi, un fatto che potrebbe aprire nuovi equilibri tra governo centrale e autorità locali.
All’annuncio dei risultati, Simion ha messo in dubbio la legittimità del voto, evocando brogli senza presentare effettive prove; soltanto nelle ore successive si è arreso alla schiacciante sconfitta, annunciando tuttavia che la sua “battaglia per la sovranità culturale” proseguirà in Parlamento e nelle piazze. La reazione avuta da Simion segna l’inizio di un’opposizione promette battaglie sui temi dell’immigrazione, delle autonomie regionali e sul rapporto con l’Occidente.
Un voto simbolico che guarda all’Europa
Il neopresidente eredita un Paese inserito al crocevia di Balcani e Visegrád, con un’economia in crescita ma segnato da disuguaglianze territoriali e da ritardi infrastrutturali. Tra le priorità di Nicusor Dan emergono la riforma della giustizia per consolidare lo Stato di diritto, la modernizzazione delle reti ferroviarie e stradali e il potenziamento delle energie rinnovabili per ridurre la dipendenza dal gas russo
Sul fronte internazionale, la vittoria di Dan è stata accolta con favore da Bruxelles e da Washington. Ursula von der Leyen , la presidente del Consiglio europeo ha lodato “la scelta inequivocabile per la democrazia e il multilateralismo”. Non da sottovalutare l’importanza in termine di collaborazione con la NATO, soprattutto in chiave di rafforzamento della difesa nei Balcani orientali e di supporto logistico alle operazioni di sicurezza regionale.
Con l’ombra che aleggia sulla guerra in Ucraina tuttora in corso e l’Europa alle prese con la transizione energetica, il voto romeno assume un valore simbolico: confermando che, per una maggioranza della popolazione, l’integrazione nell’UE e nella comunità atlantica resta il miglior antidoto a derive nazionaliste e instabilità regionale. Nicușor Dan ora dovrà trasformare il consenso raccolto all’estero e la fiducia dei giovani in risultati tangibili, dimostrando che la Romania può rappresentare un modello di crescita e di forte adesione ai valori democratici europei.