di Emiliano Abramo

Ho cominciato ad andare a trovare i “senza fissa dimora” da studente universitario, quando il bar della facoltà chiudeva e con alcuni colleghi portavamo ciò che rimaneva alle persone che vivevano per strada.

Dagli anni dell’università ad oggi ho accompagnato centinaia di persone, soprattutto giovani, ad abbassarsi, addirittura inginocchiarsi per consegnare un panino a chi non ha nulla. Spesso, questo è stato un pretesto per avere una relazione personale, per creare un rapporto.

A me ha sempre colpito il rapporto forte che c’è tra i giovani e le persone che vivono per strada, perché anche se nell’aspetto non belli, alcune volte arrabbiate o addirittura ubriache, i giovani continuavano settimana dopo settimana ad andare a trovarle.

Il Vangelo di Matteo ci parla del volto di Gesù nel povero e ci aiuta a comprendere questa attrazione misteriosa tra chi serve e chi è servito,da considerare non più una persona che non ha, non più un uomo con indumenti vecchi e logori, ma volto di Gesù, cioè quello che non coglie il mio occhio ma che è chiaro alla mia anima.

Questo l’ho molto contemplato soprattutto nell’ultimo periodo, in cui a volte le persone che vivono per strada vengono allontanate dal centro storico, come fossero un fastidio. Credo che nel gesto di chi si abbassa per dare un panino o accarezzare il volto di una persona che vive per strada, ci sia un gesto simile a quello che si fa la domenica davanti all’Eucarestia: infatti, se lì c’è il corpo di Cristo, nel povero c’è il volto di Gesù e bisogna inginocchiarsi con questa consapevolezza.

Ecco perché non bisogna avere mai paura di difendere un povero, perché è la difesa stessa di Gesù, in un tempo in cui i poveri aumentano e noi cristiani dobbiamo ritornare con umiltà per strada, inginocchiarci ai marciapiedi e dare un panino, sapendo che lì si consuma il nostro incontro con Gesù Cristo.

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