Dietro la cronaca, alibi e paure, drammi e volti e … “omissioni ” gravi

Verso dove stiamo andando come umanità? L’emergenza della Covid-19 ci ha posto domande fondamentali che urgono ancora risposte condivise e concrete. Ha contribuito, senz’altro, a far passare in ultimo piano drammi più grandi, come le povertà del mondo e le guerre (legate alla produzione di armi, che andrebbero fermate e che invece continuano senza tagli nelle spese, come accaduto invece per quelle sanitarie e sociali, con le conseguenze che sono gli occhi di tutti).

Se la pandemia ha spinto, emotivamente, a qualche consapevolezza in più sulla gravissima crisi ambientale, è stata, invece, un facile alibi per passare sotto silenzio il dramma dei migranti e anzi per accentuare, strumentalmente, la lettura distorta che li assimila a un pericolo per noi. E poi, però, accorgersi che mancano braccia per lavorare i campi, non avendo per altro la sapienza di decidere subito una “necessaria regolarizzazione”, chiesta con autorevolezza da papa Francesco come un dovere di umanità.
I migranti, inoltre, continuano ad arrivare da tante zone di povertà e di guerra.

La nostra Pasqua è stata segnata da un ulteriore strage di migranti e altri sbarchi si sono susseguiti: dall’inizio dell‟anno si contano quasi 4000 migranti sbarcati e quasi 600 bambini e ragazzi “non accompagnati”; ci sono migranti rimasti “in sospeso” su navi per l‟emergenza, lasciati a Lampedusa al freddo della notte (e però anche soccorsi dalla parrocchia!); ci sono rimandi istituzionali inaccettabili. Italia e Malta, con la loro decisione della chiusura dei porti, motivata dall’emergenza sanitaria, senza una complementare attenzione a quelli che sono doveri (anche costituzionali) del soccorso della vita in mare, hanno di fatto “condannato” all’abbandono in mare centinaia di persone. Ancora una volta senza una decisa politica europea, e però anche con una chiara precisazione dell‟Onu sul fatto che i porti della Liba non sono “sicuri!

Tutto questo ci interpella, per uscire da tutte le crisi con quell’attenzione che ci fa restare umani, contrastando il virus dell’indifferenza, con le gravi omissioni verso i sofferenti, gli emarginati e i poveri: questi, per noi cattolici cristiani, sono “presenza e visita di Cristo”, per tutti sono “chiamata alla verità della vita”. Facciamo nostra, per questo, la parola del papa Francesco nel giorno di Pasqua: «Mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua il vero pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell‟egoismo indifferente… quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell‟intera umanità!».

Situazioni che diventano pericolose, se non si governano con sapienza

Se il pericolo di fondo è l’indifferenza, dobbiamo rilevare che anche concrete situazioni diventano pericolose su un piano elementare, di protezione per tutti! Nel nostro Paese e nella nostra Sicilia esistono insediamenti informali, sia in aree urbane che in aree rurali, caratterizzate da forte disagio abitativo e scarso accesso all’acqua e a servizi igienici. La popolazione di tali insediamenti informali, in prevalenza migranti e rifugiati, presenta molteplici criticità:

  • anzitutto, la permanenza in un luogo diverso da quello di residenza formale, con conseguenti difficoltà di rilascio/rinnovo dei documenti di soggiorno e di accesso ai servizi sanitari pubblici territoriali;
  • poi, la precarietà delle condizioni di vita caratterizzate da un limitato accesso all‟acqua, potabile e non, ai servizi igienici e alle altre misure atte a favorire l‟igiene personale. La prevenzione, come noto, parte dall‟igiene personale, in particolare dal lavaggio delle mani. Le persone che vivono in tali insediamenti, anche quando sono correttamente informate riguardo alla necessità di lavarsi spesso le mani, si trovano oggettivamente nell‟impossibilità di mettere in atto tali misure di prevenzione a causa della mancanza di accesso all‟acqua e ai servizi igienici.

Lasciare i migranti in condizioni di povertà estreme, mette in pericolo loro – ma per l’interconnessione che questa pandemia ci ha fatto riscoprire – anche noi! E quindi, non solo per l‟empatia che ci fa essere umani, ma anche perfino per una considerazione di saggezza pratica – unitamente all‟esigenza di braccia lavoro – si richiede una politica di regolarizzazione urgente. Lo stesso dicasi per le frontiere che, se non governate, sono in balia di agenzie e figure oscure che alimentano un pericoloso “contrabbando” di esseri umani.

L’innalzamento della rigidità dei controlli ha poi un effetto facilmente prevedibile: provoca un accrescimento della sofisticazione e del livello di organizzazione criminale dell‟industria dell’attraversamento delle frontiere. Il fatto più grave, in questa spirale, è l‟asservimento in varie forme di prestazioni forzate di coloro che non possono pagare il servizio. Regolarizzare, garantire canali legali, continua ad essere un atto di saggezza e di buon governo necessario e urgente!

Per i cristiani i poveri e i migranti “l’ornamento vivo dell’altare di Dio”

Come cristiani non ci sono dubbi! Nei migranti, come in tutti i poveri (senza differenze, e con l‟unica priorità degli ultimi!) c‟è un “sacramento” di Cristo, che ci chiede accoglienza, ospitalità e capacità di armonizzare tutto nello Spirito. La vita cristiana, nell‟obbedienza allo Spirto e nella fede che genera la carità, tutto sigillato dalla speranza, sa mettere insieme protezione e apertura, attenzione al territorio e al mondo, emergenze che si moltiplicano e carità che unifica in una capacità di prospettive, misurate con la visione intera della storia in Dio ma anche con la capacità del cuore umano di dilatarsi!

Se alcuni esprimono posizioni diverse, allineandosi a un pensiero mondano, fa parte del cammino educativo della Chiesa confrontarsi e aiutare tutti a crescere nella “maturità di Cristo”. La chiarezza ci è data dal Vangelo e dal magistero del Papa, dentro la grande tradizione della Chiesa che sempre ha visto nei poveri una presenza di Dio, un sacramento del suo visitarci e agire nella storia. E in questo tempo in cui abbiamo vissuto la sofferenza della Messa non celebrata nella pienezza dell’assemblea adunata, abbiamo potuto forse meglio comprendere come il movimento dello Spirito è l’adunare: l’adunare dalle genti di ogni popolo, che fa della Chiesa – come ci insegna il Concilio Vaticano II – il sacramento della chiamata all‟unità del genere umano.

L’adunarsi in Cristo, lasciarsi adunare da Cristo, trova nell’eucaristia la fonte e il culmine, per cui la celebrazione richiede la carità e diventa convergenza di carità! In questo tempo, la vera carità, insieme all’ascolto della Parola, ci ha aiutato a meglio considerare come è piena la vita cristiana se fede e vita sono unite e il povero non resta oggetto di assistenza ma diventa chiamata alla relazione, a partire da quell’empatia che ci fa ospitare in noi l’altro senza assimilarlo e senza respingerlo! Per noi cristiani, vale l‟ammonimento di Ermanno Olmi nel commento al suo film “Il Villaggio di Cartone: «Se non siamo disponibili ad aprire il nostro animo a queste presenze siamo solo uomini di cartone, laddove gli immigrati sono invece veri ornamenti del tempio di Dio».

Nei migranti le domande vere del futuro, nel Mediterraneo una chiamata alla pace

«Quante le strade che un uomo farà e quando fermarsi potrà?» cantava Bob Dylan, a ricordaci che anche come uomini, nel migrante, troviamo qualcosa di più di una richiesta di aiuto: c’è una cifra della nostra umanità. Siamo tutti migranti! Verso dove?

Nella fede sappiamo che la nostra patria è nei cieli, che i cieli nuovi saranno anche giudizio di Dio su questa storia in risposta al grido di giustizia di tanti oppressi, e con tutti condividiamo la ricerca di un futuro migliore. Questo “viaggio” non potrà essere nel segno dei muri ma dei ponti. Un futuro sognato “a occhi aperti” per unire assieme la preoccupazione per i migranti che arrivano e per i migranti che partono (i nostri giovani in cerca di lavoro).

Sarà un futuro, per la Chiesa, nel segno della sinodalità e, per l‟umanità, nel segno della convivialità delle differenze. Fu la maturazione condivisa dagli Uffici regionali di Migrantes, Caritas, Missione ed ecumenismo, nel convegno dello scorso novembre.

E’ un futuro condiviso con tutti, interiore alla missione della Chiesa che trova nel nostro Mar Mediterraneo – ricordato nel simposio dei vescovi delle terre che in esso si affacciano, svoltosi a Bari dal 19 al 23 febbraio – un luogo fortemente simbolico, il “nuovo Mare di Tiberiade” – come amava dire il „sindaco santo‟ Giorgio La Pira – in cui convergono il respiro dell‟Oriente e dell‟Occidente, le grandi tradizioni della bellezza e della filosofia, del diritto e della scienza, delle relazioni e della spontaneità e innocenza, custodite dal grande continente africano.

Allora, se la sapienza della comunicazione richiede un racconto attento dei fatti e se la sapienza di un governo politico dei processi suggerisce soluzioni intelligenti, se il restare umani chiede attenzione ed empatia, la volontà e la necessità di ripartire dalla crisi (e dalle crisi) senza tornare quelli di prima, richiede la capacità di capire che l’attenzione e l’accoglienza dei migranti è un capitolo di un urgente impegno a un futuro di pace!

Solo così proteggeremo veramente la vita dai tanti virus che l‟aggrediscono e la mettono in pericolo. Per questo, riprendiamo l‟appello di papa Francesco, a conclusione dell‟incontro di Bari: «Dai nostri cuori di pastori si eleva un forte appello agli attori coinvolti e alla comunità internazionale, perché taccia il frastuono delle armi e si ascolti il pianto dei piccoli e degli indifesi; perché si mettano da parte i calcoli e gli interessi per salvaguardare le vite dei civili e dei tanti bambini innocenti che ne pagano le conseguenze, affinché muova i cuori e tutti possano superare la logica dello scontro, dell‟odio e della vendetta per riscoprirsi fratelli, figli di un solo Padre, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi».


Noto, 12 maggio 2020
+Antonio Staglianò
Vescovo di Noto
Delegato Cesi per i Migranti

Un commento su “Emergenza migranti e Covid-19: chiamati insieme a una vera solidarietà, nessuno indietro, tutti umani!

  1. Grazie sig. Vescovo per aver citato mio padre.
    Quel film, Il villaggio di cartone, ermanno l’aveva nel cuore e rispecchia i suoi sentimenti più profondi.
    In un’ora e trenta di film c’è tutto quello che la gente della terra dovrebbe urlare a chi ci governa in tutto il mondo.

    La saluto e la ringrazio
    betta olmi

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