di Don Antonino De Maria

Don Roberto Malgesini, a Como, era conosciuto non per le sue sortite sui giornali o i suoi post sui social, ma semplicemente perché la gente si accorgeva dei suoi gesti, andando al lavoro e vedendolo, dimesso e gentile, dare da mangiare a chi, malvisto, illegale e sporco, dormiva sotto gli archi di una piazza.

Non guardava quelle persone a partire da categorie giuridiche come clandestino (parola che non dice niente di un uomo ma solo che non ha il permesso di soggiorno) o immigrato (anche questa può diventare solo una parola “ideologica” perché la storia di ciascuno è altrove descritta, non nelle parole): per lui quelle persone erano coloro che Cristo aveva ritenuto degni del Suo sangue, che aveva accolto nella Sua Croce, nel Suo dolore umano per l’uomo, per i quali si era svuotato – la sua carne.

Non si poneva questioni politiche o sociali: schivo com’era non gli interessavano i discorsi ma il Vangelo, semplicemente: Ho avuto fame, ho avuto sete. Amava e si prendeva cura della carne di Cristo.

Amava con l’apparente ingenuità dell’amore che prende posizione solo per quella persona e lascia ad altri il compito della politica.

Amava perché si era sentito amato, alla stessa maniera, da Cristo: per questo era semplicemente un prete.

Grazie per questo: essere semplicemente un prete ( senza sottotitoli o altra appartenenza) e un cristiano. Uno che sta dietro al Maestro per seguirne le orme e non per tracciargli la strada.

Non è un amore nascosto ma visibile, testimoniabile, semplicemente perché c’è concretamente.

Per questo don Roberto non è un martire dell’odio di qualcuno, ma un martire dell’amore per Cristo incarnato in ogni uomo.

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