di Filadelfio Grasso

I primi giorni del mese di novembre, in pieno clima autunnale, sono dedicati alla celebrazione di tutti coloro che ci hanno preceduti nella Patria del cielo.

Rispettivamente il primo novembre è la festa di Tutti i Santi, quegli uomini e quelle donne, vissuti in ogni tempo e sconosciuti ai più, che nella semplicità della vita quotidiana hanno praticato il comandamento dell’amore e che già godono in paradiso. Il giorno seguente, invece, è dedicato alla commemorazione dei fedeli che si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per i quali Dio solo conosce la fede. Per queste anime, ancora in cammino verso la visione beatifica, la Chiesa rivolge a Dio preghiere di suffragio.

Quindi è proprio la “Comunione dei Santi” la vera protagonista di queste ricorrenze che ci ricordano come il nostro Dio, è Signore dei vivi e non dei morti e in Lui siamo tutti un solo corpo.

Il legame verso i congiunti passati all’altra vita è sempre stato avvertito presso i popoli di ogni epoca, e si è manifestato in pratiche e rituali utili a esorcizzare la paura della morte. Tale attaccamento mantiene delle caratteristiche comuni in ciascun contesto e ne assume altre che si manifestano con peculiarità assolutamente uniche in ogni parte del mondo.

Antiche tradizioni siciliane

In Sicilia, il 2 novembre, il risveglio di tutti i bimbi è di buon mattino: i murtuzzi non fanno mancare mai un regalo sotto il letto o dietro l’armadio dei genitori! In questo gesto, genuino e ricco di intimità familiare, si intravede un modo altrettanto facile per spiegare la comunione tra i vivi e i defunti e la riconoscenza che questi ultimi hanno per le preghiere di suffragio rivolte per loro alla Misericordia divina.

Una volta, appena aperti gli occhi del bambino, la mamma rivolgeva la domanda: Cci a’ dicisti a priera ‘o nannu, assira? (Gliel’hai detta la preghiera al nonno, ieri sera?). E alla risposta affermativa, continuava: Allura, vidi cchi ti fici truvari! (Allora, vai a vedere cosa ti ha fatto trovare!).

A questo punto il piccolo cominciava la sua ricerca in tutta la casa.

Per il resto del giorno, i bambini, assieme ai compagni ritrovati per strada, giocavano con ciò che i morti avevano portato, oppure, prima di gustarli, si vantavano dei dolcetti che avevano scovato nei posti più impensabili.

Dei fichidindia, delle paste di mandorla, della mostarda, dei mostaccioli, dei pupi di zucchero (fatti col marzapane) oppure pupazzi o carrettini realizzati col fil di ferro in gran segreto dai genitori in modo del tutto artigianale, un tempo erano i doni più attesi, ai quali facevano eccezione bambole e macchinine comprate nei negozi che erano esclusiva di chi poteva permetterselo.

A questa festa ci si preparava nei giorni precedenti con entusiasmo e, a volte, con sacrificio da parte di chi aveva difficoltà economiche e non poteva accontentare i propri figli. Ma l’incanto stava nel fatto che ricchi o poveri quel giorno i bambini avrebbero potuto avere un piccolo dono che ricordasse l’affetto di un parente che non c’era più.

Ai giorni nostri

Oggi nessuno, nemmeno tra i più piccoli, crede che i morti vengano di notte per lasciare il dono. Anzi, sono i bimbi stessi che nei giorni precedenti, assieme ai genitori, nonni e zii, vanno per i negozi a scegliere i giochi o i regali desiderati. Nemmeno i dolcetti (totò, rame di Napoli, ossa dei morti, ecc.) che inondavano la casa del profumo di zucchero, miele, cioccolato e cannella, si preparano tra le mura domestiche ma si va a comprarli nelle pasticcerie.

Cambiano i tempi, muta la società. Entrano a far parte di secolari tradizioni nostrane nuove usanze propinateci spesse volte dai media che in maniera massiva invadono le menti delle nuove generazioni, ma che poco hanno a che vedere con il significato primordiale del rito e che tradiscono la originaria semplicità.

Una banale visione che generalizza questa ricorrenza e la rende simile a un carnevale, vuole negli ultimi decenni sostituire la preghiera, la comunione e il dono, con follie e spiriti vaganti che ad una attenta lettura si rivelano infelici e forse anche sconsigliabili per il modo di pensare e per i significati che con essi possono essere veicolati.

Come la natura in questo periodo autunnale ci fa riflettere sulla caducità della esistenza e sulla certezza di rinnovamento e rinascita, la festa dei Santi e la commemorazione di Tutti i Defunti esprimono e ci porgono un messaggio antico e sempre bello. È il messaggio che vuole celebrare la vita che si trasforma, la riconoscenza e la comunione con chi ci ha preceduti e continua a vivere nella pace di Dio e nel ricordo.

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