di Don Antonio De Maria

Dopo lo scandalo della II Guerra Mondiale, l’olocausto che non fu solo nazista ma anche comunista (in Russia come in Cina o in Corea o in Cambogia o anche in America Latina, o in Africa: non dobbiamo dimenticare le stragi, le volontarie soppressioni di coloro che si opponevano al regime o alla concezione etica del potere, donne, uomini, bambini, omosessuali, intellettuali, etc.); dopo i drammi di una storia che si credeva definitivamente vinta con la distruzione del muro di Berlino che fu certamente, un evento simbolico del crollo di regimi autoritari ormai allo sbando; la teologia cristiana ha via via assunto una deriva de-escatologizzante[1] e una riduzione a visione etica. Il cristianesimo si riduce alla capacità di generare bravi individui, coerenti e, sempre più, ridotti a dare fondamento etico a qualsiasi posizione sull’uomo: la riduzione dell’evento Cristo ad un buonismo che, alla fine, fa da supporto a visioni antropologiche anche anticristiane. Questo, per molti, è il vero Vangelo: tolto ogni giudizio sull’uomo non ha più nulla da dire all’uomo stesso, avendo svuotato in un sentimentalismo l’affermazione che Dio ti ama.

Il mistero del male che aveva scandalizzato gli uomini che avevano vissuto la Grande Guerra e cercavano un modo nuovo di costruire la società umana viene oscurato, negato, abolito e rimandato indietro ad una concezione “medievale” (poiché per molti il Medioevo è il tempo del male, dell’oscurantismo assoluto). Dio, se c’è, al massimo è un notaio che certifica l’autenticità di ogni atto umano. Questo giustifica anche una certa cultura della morte: cosa si intende per cultura della morte? Una visione che fa dell’uomo un essere rinchiuso nella propria soggettività, nel ben-essere e che quindi non ha nessuna dignità oltre la possibilità di realizzare il proprio piacere: io sono perché posso inventarmi; io sono perché posso decidere di me. L’altro che non ha queste possibilità non esiste, non è uomo e perciò va eliminato: che sia un bambino non desiderato o down o malato, o un anziano malato e morente; o un senza tetto o semplicemente non serva al mio disegno di felicità.

E che fanno i cristiani? Dove possono si rifugiano nel volontarismo, se non addirittura, nell’accondiscendenza. Sto evidentemente calcando i colori, togliendo le sfumature, per non nascondere il problema, per metterlo in evidenza.

Ma che c’entra la de-escatologizzazione? Questo processo ha eliminato Dio dalla storia, perché inutile ed ingombrante rendendo incomprensibile il mistero del male: per questo appena qualcuno ci parla della presenza delle forze del male nella storia ci adiriamo, ci scandalizziamo. Neutralizziamo la parabola del buon grano e della zizzania: una parabola che parla della storia del mondo come un campo di battaglia e non come un neutrale, ottimistico luogo di crescita, Città del Sole.

 “ Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».” (Mt. 13, 24-30)

All’inizio c’è un atto di Dio che crea una storia dove far crescere bene ciò che ha piantato, l’uomo: egli stesso è buono. Eppure nella stessa storia un altro, un nemico, di Dio e dell’uomo, pone qualcosa che si avvinghia all’uomo stesso, lo minaccia con la sua presenza. Questo è il dramma della storia dove la Signoria di Dio continua ad operare perché il grano non sia sopraffatto dalla zizzania e si ricordi di Colui che gli dà la vita, dentro questo dramma.

Questa parabola non serve a giustificare Dio per la presenza del male del mondo ma all’ascoltatore perché comprenda che tutto ciò che è buono, il suo stesso essere ed esserci, viene da Dio. Che c’è un mysterium iniquitatis che lo minaccia e che non è semplicemente una deviazione, una aberrazione, un grano diverso: viene ed è coltivato da chi è contro Dio e contro l’uomo e vuole dominare la storia. La pazienza di Dio è già il mistero della sua vittoria sul male: “Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo.Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!” (Mt 13, 36-43).

Al di là del linguaggio il Signore vuole aprirci gli occhi e le orecchie: perché non si possono prendere accordi col Nemico e, scegliere la Vita, dichiarando la verità sul male e sul Nemico, non è essere integralisti, né avercela con qualcuno: significa amare questa terra ed essere grati per il dono della vita e lottare perché la morte, la negazione dell’uomo nella sua interezza, non prevalga, per salvare Caino e Abele, che sono fratelli.


[1] Questa de-escatologizzazione confina la storia nella sua immanenza, nel susseguirsi di una congerie di fatti senza direzione oltre se stessa, mentre per noi cristiani la storia ha un inizio nell’atto creatore di Dio e una direzione che la trascende, che la porta oltre, in Dio stesso. La cifra che non dobbiamo perdere è il ritorno di Cristo e il giudizio, sull’uomo e sulla storia stessa. Il dramma dell’uomo resta schiacciato nelle dinamiche di questa immanenza, nei meccanismi di questa immanenza: che sia la visione hegeliana o marxista o positivista o semplicemente atea, la storia diventa il teatro in cui l’uomo recita la sua parte prima di perdersi nel nulla. Ciò che resta da fare è combattere una battaglia per il lieto fine: sociale, globale, economico etc. tuttavia asfissiante e senza speranza, poiché la speranza non è altro che l’ottimismo di un andare necessario verso un progresso ineludibile.

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