di Sr. Ch. Cristiana Scandura osc

Carissimi Fratelli e Sorelle,

mi ha sempre colpito un grido, un’implorazione, presente nell’Antico Testamento, che esprime il desiderio e l’anelito più profondo del cuore umano, il desiderio di Dio:

“Se Tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63, 19)

Uscito dalle mani del Creatore come un vaso dalle mani del vasaio, l’uomo porta in sé la nostalgia di Dio e nessuna cosa o persona riesce ad appagare il suo cuore all’infuori di Lui. Dopo tante ricerche condotte in tal senso, S. Agostino si rese conto che il cuore dell’uomo è inquieto e non riposa se non in Dio.

È Dio che mette nel nostro cuore la sete di Lui, di cui portiamo l’impronta, è Dio che il nostro cuore cerca e desidera, è Lui che mette nel nostro cuore desideri più grandi di noi.

Questo anelito ha trovato piena soddisfazione quando, nella pienezza dei tempi:

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14).

A Natale non celebriamo il giorno della nascita di un personaggio importante come ce ne sono molti. Con il Natale è avvenuto qualcosa di più: il Verbo si è fatto carne. Il Verbo si fa carne, entrando nella storia, dandole senso pieno e orientamento. Egli è l’origine e il fine di tutte le cose. 

Dio sceglie di nascere in un piccolo villaggio: Betlemme. Attualizzando la Parola, in questo tempo di prova che stiamo vivendo, diciamo che possiamo stare a nostro agio, perché le difficoltà quotidiane, le tribolazioni, la piccolezza, la povertà sono di preferenza i luoghi visitati da Dio. Visitati e redenti. Visitati e benedetti con la Sua Presenza.

Quando Maria riceve l’annuncio da parte dell’Angelo, è invitata a gioire con queste parole: “Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te”. Anzitutto “rallegrati”. Ma come? Maria vive in un tempo di oppressione, in Israele c’è la pesante dominazione romana, ella conoscerà l’esilio in Egitto, la morte di tanti innocenti, sperimenterà pian piano una spada che le trafigge il cuore, ecc. Come rallegrarsi? Che significa rallegrarsi? Come Maria, il cristiano è chiamato alla gioia, non però ad una gioia superficiale e soprattutto fuori dalla storia e fuori dalle prove, bensì ad una gioia dentro la storia e dentro le prove che inevitabilmente l’attraversano. Una gioia che scaturisce dalla certezza di essere amati da Dio: è Lui che conduce la storia. Qualunque cosa possa succedere, siamo nelle mani di un Padre che ci ama teneramente.

Betlemme in questo giorno santo assomiglia al Cielo, invece di stelle ha ricevuto angeli e, al posto del sole, accoglie in sé il Sole di giustizia: Cristo Signore.

“E non chiedetemi come: perché dove Dio vuole, l’ordine della natura si sottomette.

Poiché Egli lo ha voluto, ne ha avuto il potere, è disceso, ha redento l’uomo; tutte le cose hanno cooperato con Lui a questo scopo.

Oggi nasce Colui che eternamente è, e diviene ciò che non era. È Dio e diventa uomo! Diventa uomo senza smettere di essere Dio. Ancora, Egli è divenuto uomo senza alcuna perdita della divinità. Da allora, tutti gioiscono. Anch’io desidero gioire. Anch’io mi auguro di partecipare alla danza corale, di celebrare la festa. Ma faccio la mia parte, non pizzicando l’arpa, non con musica di pifferi, né tenendo una torcia, ma portando tra le braccia la culla di Cristo. Perché essa è tutta la mia speranza, la mia vita, la mia salvezza, il mio piffero, la mia arpa. E portandola giungo e, anche io, con gli angeli, canto: Gloria a Dio nelle altezze supreme; e con i pastori: e sulla terra sia pace agli uomini di buona volontà” (S. Giovanni Crisostomo).

L’origine del presepe

Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma chiara soltanto nel IV secolo, quando prese il posto della festa romana del dio Sole e insegnò a concepire la nascita di Cristo come la vittoria della vera luce. Il calore umano particolare, che durante il Natale tanto ci commuove, si è tuttavia sviluppato soltanto nel Medioevo; e in proposito fu Francesco d’Assisi, con il suo amore profondo per l’umanità di Cristo, ad introdurre questa novità.

Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, racconta nella sua seconda biografia quanto segue: “Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambin Gesù e chiamava festa delle feste, il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno materno. Baciava con animo avido le immagini di quelle membra infantili, e la compassione del Bambino, riversandosi nel cuore, gli faceva anche balbettare parole di dolcezza, alla maniera dei bambini. Questo nome era per lui dolce come un favo di miele in bocca” (FF 199).

Il desiderio di vicinanza, di realtà, di sperimentare in maniera viva e molto attuale Betlemme e di provare direttamente e comunicare a tutti la gioia della nascita del Bambino Gesù, lo spinse alla famosa celebrazione del Natale a Greccio, contribuendo allo sviluppo della più bella tradizione natalizia: la tradizione del presepe.

Dal presepe al fratello

Il nostro Dio è un po’ birichino, ama cambiare continuamente sembianze, per stimolarci a cercare e a scoprire il Suo Volto nel malato, nel carcerato, nel povero, in chiunque. Talvolta desidero e mi immagino di tenerlo Bambino tra le braccia e Lui invece mi si presenta nel volto rugoso della mia sorella di 89 anni che accudisco… In quel momento mi vengono in mente le parole di Giovanni, il discepolo che Gesù amava: “E’ il Signore!”. Sì, è proprio Lui, che ama nascondersi per educarci a scoprirLo e a riconoscere la Sua Presenza in ciascuno dei fratelli e delle sorelle che incontriamo sul nostro cammino.

Voglio confidarvi uno dei desideri che ho nel cuore (del resto per me l’umanità è come una grande famiglia e perciò mi sento a casa, tra fratelli e sorelle), mi piacerebbe tanto che il Santo Padre aggiungesse alle 7 opere di misericordia spirituale, un’ottava opera: quella della gioia o del buon umore, intendendo con ciò la capacità, certamente attinta nel Signore, di regalare anche un semplice sorriso a chi ci sta accanto.

Tale desiderio mi nasce dal fatto che, da qualche anno, constato che nella nostra società si sta smarrendo la capacità di sorridere e di stupirsi delle cose semplici e dalla speranza di promuovere l’impegno di vivere e promulgare il Vangelo della gioia. Vorrei che in questo Santo Natale prendessimo insieme questo impegno: non passi giorno della nostra vita senza che portiamo un raggio di sole nella vita di qualche persona. A volte basta veramente poco: un atteggiamento accogliente, l’ascolto, una parola buona, anche un semplice sorriso.

Auguri di un Santo Natale.

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