di Don Francesco Luvarà

Sono tanti i motivi che affascinano i catanesi quando si parla della loro “santuzza”, motivi antichi e nuovi, contenenti alcuni valori e messaggi che la Chiesa locale catanese ha sempre mantenuto vivi nella sua incessante azione pastorale tra le case della gente. Tra questi troviamo innanzitutto la totale donazione di Agata a Cristo e alla Chiesa, la sua purezza di cuore, il martirio vissuto innocentemente, la protezione verso la città che ella
ha manifestato sin da subito dopo la morte, l’invito a vivere anche noi un cammino di santità nella vita di tutti i giorni, il forte senso di appartenenza verso la città che la sua devozione suscita nei devoti a prescindere dalle modalità di adesione alla vita cristiana.

In particolare due dimensioni ci permettono di sperimentare l’incontro con sant’Agata come qualcosa di vivo nella nostra vita personale e collettiva: la rima dimensione è legata alle vicende della sua vita terrena, la seconda a ciò che riceviamo dalla sua vita celeste.

1 Dalla narrazione che la tradizione più antica ci consegna, i cosiddetti Atti del Martirio, Agata ci appare molto contemporanea; dal passato giunge a noi come una ragazza consapevole della propria vita di donna e di credente. Tre le sottolineature che tra le tante possiamo cogliere:

a) Donna in ricerca del compito della sua vita. Quando subisce il martirio Agata era una ragazza in età di scelte, nel fiore degli anni in cui si tenta di porre le basi del proprio modo di abitare il mondo. Come per i giovani di oggi, anche per Agata non sarà stato facile capire la propria strada, anche lei si sarà ritrovata a confrontare la genuinità dei propri sogni con le tante influenze devianti che cercavano la sua attenzione. In questa ricerca la ragazza incontra Cristo Signore. Ella prende sul serio questo incontro col Signore e diventa sua discepola, cioè assume le parole e le gesti di Gesù come criterio di verità per comprendere le scelte da fare ogni giorno lungo il proprio cammino. In questo discepolato era centrale la partecipazione all’assemblea liturgica e l’ascolto a cuore aperto del Vangelo. La parola di Dio l’ha aiutata a cogliere quella prospettiva di vita che la aiuterà a trovare il suo compito nel mondo.

b) Donna che sperimenta la libertà. Grazie a questa formazione Agata si pone davanti alle proposte offerte dal suo contesto sociale con capacità critica, sapendo dire di si alle scelte coerenti al bene, mettendosi a servizio della Chiesa e dei poveri, ma soprattutto sapendo dire di no alle “proposte indecenti” che Quinziano gli presenta tramite una certa Afrodisia, donna abile nel turpe mestiere della seduzione e corruzione di corte. La saggezza che attinge dal Vangelo gli apre l’intelligenza rendendola scaltra e libera per mantenersi coerente.

c) Donna responsabile. Dinnanzi alla pressione di Quinziano e alla minaccia di morte, Agata non rinuncia alla sua fedeltà di donna credente e va fino in fondo, bevendo il calice amaro della tortura e del sacrificio. Qui si tocca il punto più alto della vita terrena di Agata, perché ella comprende ed accetta di essere chiamata a partecipare alla stessa passione e morte del suo Signore Gesù. Unita a Cristo condivide la storia degli innocenti che soffrono, sperimentando anche lei la compassione per i poveri e i peccatori, per coloro per cui il Signore è venuto a dare la vita. Essa esercita qui la sua responsabilità per il mondo, associandosi totalmente a Gesù in tale dono. Unita a
Cristo, anche lei offre il suo martirio per il perdono verso ogni uomo, anche se spesso quest’uomo “non è un santo”.

2 Questi aspetti della vita terrena di Agata si riflettono nella seconda dimensione della sua storia, cioè quella della vita celeste, come santa venerata dal popolo. Quando ci accostiamo a lei nel pellegrinaggio, nella preghiera o nel gesto votivo, cerchiamo un aiuto per sciogliere i nodi della nostra esistenza. E ciò avviene in due modi, a secondo della formazione, sensibilità e situazione di ciascuno:

a) Cercandola come aiuto e soccorso, come mediatrice di grazie, patrona della città e protettrice dei deboli. Da ciò il ricorso al voto, l’accensione del cero, la partecipazione ai momenti della festa. Cercando di incrociare il proprio sguardo con gli occhi della santa, che la sacra effige riproduce, i devoti aprono il proprio cuore (spesso ferito) per sentirsi capiti e amati profondamente.

b) Cercandola come modello ed esempio di santità per stare nel mondo – a partire dalla grazia battesimale – con intelligenza, libertà e responsabilità, sulle orme del Signore Gesù. Guardando a lei i devoti si sentono aiutati ad assumere gli atteggiamenti e i comportamenti evangelici che consentono una vita personale, ecclesiale e civile più bella da vivere, più solidale e responsabile, più attenta alla legalità e alla buona cittadinanza, più libera e al contempo corresponsabile. Per questi e altri motivi ancora, Agata è amata in questa città che a suo modo è specchio di una umanità piena di contraddizioni, tra mediocrità e santità, tra peccato e virtù, tra stanchezze e rinnovata creatività.

Mentre, per via della pandemia, viviamo la festa tra le mura domestiche anziché tra le piazze e le strade, Agata anche quest’anno ci avvolge nel suo velo miracoloso, pregando per le vittime della pandemia, sostenendo gli ammalati e l’opera degli operatori sanitari, donando a tutti la fortezza per resistere ad ogni prova per vivere in modo libero e responsabile la nostra missione nel mondo… con lei accanto.

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