di Don Antonino De Maria

Il Documento della Congregazione nota l’esistenza di gruppi di pressione che, oltre a presentarsi come rappresentanti di tutti gli omosessuali, tendono a presentare in modo fuorviante la dottrina della Chiesa: “Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione. È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l’omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona.” (n. 9)

Ciò che era vero nel 1986 lo è ancora oggi proprio come stile ogni volta che la politica si occupa di problematiche bioetiche o antropologiche: gruppi di pressione intendono affermare un pensiero unico, proponendosi come difensori e portavoce di questo o quel gruppo e demonizzando ogni diversa posizione. Che i gruppi di pressione LGBT non rappresentino tutti gli omosessuali si è reso pubblicamente evidente nella manifestazione Manif pour tous in Francia quando nel parlamento si discuteva la legge sull’adozione dei bambini alle coppie omosessuali. In quella manifestazione parecchie sigle associative che riuniscono persone omosessuali sfilavano insieme a credenti di diverse religioni e gruppi di intellettuali agnostici e atei per opporsi ad una legge che ritenevano lesiva dei diritti dei bambini. Spesso L’atteggiamento aggressivo, e non semplicemente verbale, di certi gruppi LGBT, impedisce una reale discussione democratica e libera, come sta accadendo in Italia. Basta leggere i commenti a certi post su FB per accorgersi come le persone non solo non conoscono la realtà ma sono imbevute degli argomenti ideologici, a volte presentati come fondati sulla ricerca scientifica senza alcuna prova, anzi oscurando ogni affermazione contraria da parte del mondo scientifico, e da tante falsità. Ne dico una per tutte: “ Gli orfanotrofi, luoghi di terribili torture, sono pieni di bambini che troverebbero un luogo d’amore se adottati da coppie omosessuali”. In realtà questa visione è falsa proprio perché non si conosce il reale sforzo, nel vero interesse dei bambini, che le legislazioni e gli operatori sociali fanno, a fronte di lunghe liste di coppie sposate riconosciute idonee. Il problema semmai riguardava gli standard di alcuni orfanotrofi in Paesi (perché nasconderlo: appartenenti a regimi comunisti, come nell’Est europeo, dove io stesso ho operato) caratterizzati anche da una elevata corruzione. Oggi a parte alcune limitazioni dovute alla necessità del disconoscimento della genitorialità da parte dei genitori dei bambini (che quindi non sono formalmente orfani) molte di queste realtà sono sostenute dalla solidarietà internazionale e le legislazioni per la adozione internazionale spesso sono molto restrittive. Fatto è che non c’è bisogno di coppie omosessuali per liberare bambini maltrattati. Mentre la pratica dell’utero in affitto (termine bruttissimo da qualunque punto di vista) è utilizzabile solo da chi possiede molto denaro ed è lesiva della dignità delle donne che non sono un utero ma molto di più, come riconoscono molte associazioni “femministe”.[1]

Questo Documento rifiutando l’assioma “non riconoscimento della bontà degli atti omosessuali uguale discriminazione” afferma con forza l’ingiustizia di un comportamento lesivo, sia linguistico che fisico, delle persone omosessuali e della loro dignità: “Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.” (n. 10)

Un altro aspetto propriamente di ermeneutica morale riguarda il giudizio di colpevolezza degli atti omosessuali. Infatti, alcuni affermano che gli atti omosessuali siano “coartati” da una tendenza che limiterebbe la libertà della persona omosessuale togliendole una alternativa. Questa significa che agirebbero senza colpa, o con una colpa limitata.

La risposta della Congregazione è in linea con i principi classici della morale: “A questo proposito è necessario rifarsi alla saggia tradizione morale della Chiesa, la quale mette in guardia dalle generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli. Di fatto in un caso determinato possono essere esistite nel passato e possono tuttora sussistere circostanze tali da ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza del singolo; altre circostanze al contrario possono accrescerla. Dev’essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità. Come in ogni conversione dal male, grazie a questa libertà, lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale.” (n. 11) Nessuna generalizzazione ma valutazione caso per caso, perché solo nel caso singolo è possibile valutare condizionamenti e limitazione della libertà. Questa valutazione riguarda il foro interno, cioè l’ambito della coscienza che si interroga sulla bontà dei propri atti. Nessuno può essere “giudicato” pubblicamente o sentirsi puntato il dito per una valutazione che spetta alla maternità misericordiosa della Chiesa e non all’opinione pubblica. Significherebbe dire che gli omosessuali non sono liberi e quindi ne varrebbe della svalutazione della loro dignità. Sul piano della fede questo significherebbe che la persona omosessuale non possa in alcun modo essere aiutata dalla grazia stessa che suppone la libertà. Come ogni uomo credente, anche il credente omosessuale è chiamato alla conversione, cercando la volontà di Dio e vivendo nella sua carne il mistero della Croce. Come ogni credente non come una particolare categoria da proteggere, incapace di aderire e di scegliere. La cura pastorale delle persone omosessuali non ha connotati diversi o scopi diversi da quella cura che si deve avere per ogni persona, per quanto essi vadano accolti nella loro specificità. Non si tratta di ghettizzare in gruppi speciali ma di inserire pienamente nel cammino della comunità (Come per esempio è accaduto per il gruppo Elpis che dopo XXV anni di attività ha trovato il suo luogo specifico nella vita della comunità parrocchiale del Crocifisso della Buona Morte: non un gruppo tra gruppi ma persone che vivono liberamente e serenamente il cammino comune della comunità, accolte e riconosciute come fratelli senza etichettature).

Che cosa deve fare dunque una persona omosessuale, che cerca di seguire il Signore? Sostanzialmente, queste persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, unendo ogni sofferenza e difficoltà che possano sperimentare a motivo della loro condizione, al sacrificio della croce del Signore. Per il credente, la croce è un sacrificio fruttuoso, poiché da quella morte provengono la vita e la redenzione. Anche se ogni invito a portare la croce o a intendere in tal modo la sofferenza del cristiano sarà prevedibilmente deriso da qualcuno, si dovrebbe ricordare che questa è la via della salvezza per tutticoloro che sono seguaci di Cristo.

In realtà questo non è altro che l’insegnamento rivolto dall’apostolo Paolo ai Galati, quando egli dice che lo Spirito produce nella vita del fedele: « amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé » e più oltre: « Non potete appartenere a Cristo senza crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri » (Gal 5, 22. 24).

Tuttavia facilmente questo invito viene male interpretato, se è considerato solo come un inutile sforzo di auto-rinnegamento. La croce è sì un rinnegamento di sé, ma nell’abbandono alla volontà di quel Dio che dalla morte trae fuori la vita e abilita coloro, che pongono in Lui la loro fiducia, a praticare la virtù invece del vizio.

Si celebra veramente il Mistero Pasquale solo se si lascia che esso permei il tessuto della vita quotidiana. Rifiutare il sacrificio della propria volontà nell’obbedienza alla volontà del Signore è di fatto porre ostacolo alla salvezza. Proprio come la croce è il centro della manifestazione dell’amore redentivo di Dio per noi in Gesù, così la conformità dell’autorinnegamento di uomini e donne omosessuali con il sacrificio del Signore costituirà per loro una fonte di autodonazione che li salverà da una forma di vita che minaccia continuamente di distruggerli.

Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Se si dedicano con assiduità a comprendere la natura della chiamata personale di Dio nei loro confronti, esse saranno in grado di celebrare più fedelmente il sacramento della Penitenza, e di ricevere la grazia del Signore, in esso così generosamente offerta, per potersi convertire più pienamente alla sua sequela.” (n. 12)

È questo il senso di ciò che anche in Amoris Laetitia 250-251 è scritto: “La Chiesa conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni. Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. Nei riguardi delle famiglie si tratta invece di assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita. Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che «circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia»; ed è inaccettabile «che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».”

Ci si trova all’interno di quanto affermato nella Lettera della Congregazione del 1986.

Altra questione riguarda il DDL Zan il quale vuole inserire nel codice penale un concetto di genere e di identità di genere non condiviso ne fondato su solide basi scientifiche. Non attiene dunque alla questione della difesa di persone che si trovano in particolare svantaggio a causa delle proprie tendenze sessuali e che richiederebbero maggior tutela. In realtà queste tutele nel nostro ordinamento esistono, come, forse inutilmente, continuano ad affermare autorevoli giuristi di diversa derivazione culturale; ne si tratta di una contesa tra credenti e laici. Ancora più delicata è la questione della pluralità delle opinioni: inserendo una nozione non condivisa di genere e identità sessuale nel Codice, in realtà si finisce per creare uno stato di continua tensione tra diverse opinioni, anche là dove non è riscontrabile alcuna lesione della dignità personale, anzi, come già sta accadendo, con operazioni di censura e di limitazione della libertà di opinione, che, giuridicamente, sono in contrasto con la Costituzione italiana e le attuali leggi dello Stato.

L’altro aspetto riguarda l’educazione che imporrebbe la teoria gender come unica teoria scientificamente provata, unica visione antropologica, unica ed escludente (nonostante un risibile e confuso passaggio del decreto), che dev’essere insegnata fin dalla tenera età ai bambini. Basterebbe insegnare ai bambini il rispetto di sé e degli altri. Una scuola che attenziona i fenomeni di bullismo e una società nella quale il rispetto delle persone viene diffuso a tutti i livelli sono sufficienti a creare un habitat umano non improntato all’odio verso nessuno. La questione educativa non necessita di sistemi tipici delle dittature totalitarie, di destra e di sinistra. Per questo l’uso improprio di palchi o di amboni, dei mass media, alla ricerca di visibilità e di difesa di opinioni senza contraddittorio creano solo un clima di disprezzo, di violenza, di odio. Non c’è nessuna guerra da combattere.


[1] Basta fare una ricerca su Google e troverete agenzie che si occupano di utero in affitto con tanto di prezzi.

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