Nei Primi Vespri della XIV Domenica del Tempo Ordinario l’Arcivescovo Mons. Luigi Renna ha ordinato Presbitero fra Antonio Timpanaro dell’ordine dei Frati Minori nella Basilica Collegiata Santuario “Santa Maria dell’Elemosina” in Biancavilla. La comunità ecclesiale locale è accorsa numerosa in Chiesa Madre per condividere, insieme alla famiglia francescana, la gioia di un giovane biancavillese per il dono dell’ordine sacro.

Certamente, dopo una breve pausa, fra Antonio Timpanaro farà ritorno a Palermo per continuare la sua attività presso la curia provinciale francescana, nel convento di Terra Santa e nella Baida, ed, altresì, per concludere il master in Fundraising, Comunicazioni e Management per gli Enti Ecclesiastici e le organizzazioni religiose.

In rappresentanza della cittadinanza il Vicesindaco Marco Cantarella.

Ad accogliere Mons. Renna il parroco don Pino Salerno, che, insieme al Padre Provinciale dei Frati Minori fra Antonio Catalfamo, ha preso parte alla solenne Concelebrazione. Di seguito il testo dell’omelia dell’Arcivescovo:

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

carissimo Padre Provinciale dei Frati minori,

carissimi fratelli e presbiteri e diaconi, consacrate e consacrati,

distinte autorità,

ogni volta che l’espressione “Eccomi” risuona nella nostra assemblea, sentiamo che il dono della chiamata di Dio ha trovato terreno fertile nel cuore di un uomo e che il Signore continuerà ad operare le meraviglie della Grazia nella vita e attraverso il ministero di colui che diventa strumento del Suo Amore. Oggi questo “Eccomi” sgorga dal cuore di un giovane frate minore, Antonio Timpanaro, figlio di questa città, consacrato al Signore nella via dei consigli evangelici, in quella famiglia religiosa che ha fatto più di ogni altra, dello sposalizio con Madonna Povertà, la propria via di santità.

Il Vangelo oggi proclamato continua ad essere per noi, come lo fu per san Francesco d’Assisi, la via che Dio traccia per la Sua Chiesa in ogni tempo, quella della missione. L’evangelista Luca ci ha narrato la designazione dei settantadue discepoli: il Signore Gesù invia davanti a sé un numero preciso di discepoli, che rimanda a quelle settantadue nazioni che erano ritenute la totalità dei popoli della Terra. Il Signore vuole che nessuno sia escluso dalla salvezza e apre il cuore del discepolo a varcare i confini del popolo eletto, della terra che Dio diede ad Abramo, perché ogni uomo possa vedere la salvezza di Dio.

Come non accostare questo orizzonte missionario così vasto alle parole abbiamo ascoltato nella celebrazione eucaristica nella solennità dei santi Pietro e Paolo nella Basilica vaticana nell’omelia di papa Francesco? Il papa ha detto: “Non dimentichiamo questa parola: tutti. Tutti! Andate all’incrocio delle strade e portate tutti, ciechi, sordi, zoppi, ammalati, giusti, peccatori: tutti, tutti! Questa parola del Signore deve risuonare, risuonare nella mente e nel cuore: tutti, nella Chiesa c’è posto per tutti. E tante volte noi diventiamo una Chiesa dalle porte aperte ma per congedare gente, per condannare gente. Ieri uno di voi mi diceva: “Per la Chiesa questo non è il tempo dei congedi, è il tempo dell’accoglienza”. “Non sono venuti al banchetto…” – Andate all’incrocio. Tutti, tutti! “Ma sono peccatori…” – Tutti!”

Caro fra Antonio, senti che tu da oggi sei nel numero di quei discepoli inviati per andare lontano, per incontrare con lo stile missionario tutti gli uomini, precedendo il Signore. Sei un frate francescano e con noi ti metti alla scuola di Francesco d’Assisi per vivere questa Parola come Egli stesso l’ha vissuta, perché la più grande esegesi biblica la fanno i santi con il loro esempio.

Nella Vita prima di Tommaso da Celano, si narra che nella chiesa della Porziuncola San Francesco ascoltò il brano del Vangelo nel quale si parla dell’invio degli apostoli in missione, probabilmente il testo del vangelo secondo Matteo al cap. 10; il biografo scrive che Francesco “Subito, esultante di Spirito santo, esclamò: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore”. Dopo quel giorno la sua vita prese la forma di quella degli apostoli, non solo perché si sentì inviato a tutti, ma perché seguì appieno i consigli del Signore. Quando scriverà la Regola per i frati, Francesco intitolerà un capitolo “Del Divino ufficio e del digiuno e come i frati debbano andare per il mondo”: preghiera, penitenza e missione sono tra loro concatenate! Cari fratelli presbiteri e laici, forse noi non riusciamo ad annunciare con efficacia il Vangelo perché non assumiamo la forma di vita degli apostoli, che è quella di sentirsi inviati dal Signore e non semplicemente dalla nostra buona volontà, di camminare a due a due, di essere agnelli che si differenziano dai lupi, di essere poveri, di invocare su tutti quelli che incontriamo la pace.

Possa anche tu dire come san Francesco, caro fra Antonio: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore”. Possa tu sentire che la tua chiamata non nasce da te, ma dal Padrone della messe, che vuole che tutti gli uomini siano suoi figli che sgorga dal Cuore di un Dio che ha sete dell’amore di tutti gli uomini e donne, e che ha pietà dell’abbondanza della messe, soprattutto di quella parte del campo di Dio dove nessuno vuole andare!

Possa tu gioire nel dire: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore” quando senti che il Signore non ti invia come un eroe solitario, come un uomo ammalato di protagonismo mondano, ma come un fratello, che cammina con il fratello, “a due a due”, perché il Dio che noi annunciamo è un Padre, è il Dio Unitrino, non una divinità solitaria; perché se annunci la carità e spezzi il Pane dell’Eucarestia, tutti misureranno la coerenza del tuo annuncio da come parlerai del tuo fratello, da come lo servirai, da come saprai essere un “minore”.

Possa tu esultare: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore”, quando ricorderai che il Signore ha detto di “non portate borsa, né sacca, né sandali” e non fornicherai con la ricchezza, perché come dice Dante nel Paradiso, tu sei tra coloro che seguono l’esempio di Francesco: “Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro, dietro a lo sposo, sì la sposa piace.” E possa la Chiesa essere povera ancora di più, per essere la Chiesa dei discepoli e degli apostoli: ci rendiamo conto che nel nostro opulento Occidente, il segno più efficace che può accompagnare la predicazione può essere solo la povertà.

Possa tu aderire a quel: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore”, nell’essere uomo che invoca su tutti la pace, che la dona gratuitamente come il Risorto nella sera di Pasqua anche a coloro che lo hanno abbandonato e crocifisso, che sa far precedere, come la tradizione francescana insegna, il suo saluto di pace ad ogni annuncio e ad ogni altro gesto.

Abbiamo ascoltato nella profezia di Isaia: “Come una madre consola un figlio, così sarete consolati”: il profeta annuncia la salvezza che il popolo riceverà a Gerusalemme dal Suo Dio. Mentre ascoltiamo queste parole contempliamo l’icona della Madonna dell’Elemosina, che ci parla di misericordia e di tenerezza: Maria ti insegni ad essere un uomo di Dio che fa sentire la vicinanza del Misericordioso ad ogni uomo, con il tratto inconfondibile del discepolo, che sa consolare i suoi fratelli con la tenerezza di un genitore.

+ Luigi Renna

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