A distanza di 10 anni ripartono a Bronte i festeggiamenti estivi di San Biagio, Patrono della Città del pistacchio. Diverse le cause che ne hanno determinato la sospensione, fra le quali la pandemia.

Ai festeggiamenti estivi del Santo Patrono la tradizione associa diverse motivazioni, financo la rigidità meteorologica del mese di febbraio. Probabilmente intorno agli anni ottanta il ritorno, soprattutto dalla Germania, di molti emigrati, allontanatisi dalla Sicilia per motivi di lavoro, per trascorrere le ferie estive nella loro città natale, suggerì l’organizzazione di eventi religiosi e folklore estivi in onore di San Biagio.

La scorsa domenica nella Chiesa della SS. Trinità (Chiesa Madre) di Bronte l’Arcivescovo Mons. Luigi Renna, nel contesto degli eventi religiosi dedicati al Santo Patrono ha presieduto il solenne Pontificale, del quale di seguito si riporta il testo dell’omelia (le foto sono di Antonio Magro):

Carissimi fratelli e sorelle,

Carissimi presbiteri e diaconi,

Gentilissimo Signor Sindaco, gentilissimo Presidente del Consiglio Comunale,

Distinte autorità civili e militari,

è la prima volta che presiedo l’Eucaristia nella festa principale della cara Città di Bronte, il patrocinio di San Biagio, Vescovo e Martire, e, nello spezzare la Parola del Vangelo, voglio con voi fissare lo sguardo sulla strada che ci attende, sul nostro cammino iniziato già con il mio arrivo a Catania il 19 febbraio scorso. Celebriamo la XVIII domenica del Tempo Ordinario, le cui letture, tratte dal Qoelet e dalla lettera di San Paolo apostolo ai Colossesi sono state proclamate. Per la festa del nostro Santo Patrono ho voluto invece scegliere come brano del Vangelo non quello della liturgia odierna, ma la pericope che è maggiormente indicata nelle celebrazioni di un Santo Vescovo, il Vangelo in cui Cristo si presenta a noi come il Buon Pastore (cf.  Gv. 10, 14 – 18)

San Biagio, venerato come taumaturgo e martire, è stato anzitutto una guida, Vescovo della Chiesa di Sebaste in Armenia. Prima di risplendere per la gloria del martirio, la sua vita incarnò la Parola del Vangelo in cui Cristo presenta la sua missione: essere il Bel Pastore. Della ricca pericope evangelica sottolineo due aspetti che ogni Vescovo, ogni presbitero e guida di una comunità cristiana è chiamato ad incarnare: la conoscenza reciproca e la missione di unire il gregge.

Il Pastore conosce le sue pecore e le pecore Lo conoscono: Egli vive con esse non un rapporto di sudditanza, o unilaterale, ma una relazione fatta di dialogo nella verità e nella carità che salvano. Si possono intrecciare relazioni di diverso tipo tra un Pastore e il suo gregge, che rispondono più a logiche mondane che evangeliche: Gesù Cristo invece presenta come modello relazionale quella di comunione tra Lui e il Padre. È la relazione trinitaria, nella quale il Padre e il Figlio si amano immensamente e l’Amore è lo Spirito Santo stesso: è un modello molto impegnativo per noi che siamo fragili a causa del peccato, perché è scevro da infingimenti, da pettegolezzi, da tornaconto personale, da autoritarismo e servilismo. È una reciprocità da vivere nella Verità della Carità: senza questa relazione con Cristo, perdiamo la rotta della nostra vita e la nostra esistenza non sa più per Chi vive.

Il segno che si sta camminando bene su questa strada tracciata dal Signore è la comunione, divenire cioè un solo gregge, come Cristo si propone di fare, compiendo la volontà del Padre. Se San Biagio non avesse vissuto questo stile pastorale, dubito che sarebbe andato sereno incontro al martirio e che, come gli Atti del suo sacrificio narrano, delle donne sarebbero andate a raccogliere il suo sangue di martire, ma anche di costruttore di comunità. Anche noi, alla scuola dell’unico Pastore, siamo chiamati a seguire questa strada di salvezza e segno di una umanità nuova, quella della comunione: operare per la comunione è opera ardua, che richiede ascolto, umiltà, sospensione di ogni giudizio che sappia di sospetto. È l’opera principale del Buon pastore e di ogni pastore, senza la quale egli non risponderebbe alla sua missione.

Un Santo Martire dei primi secoli, Ignazio di Antiochia, così si rivolgeva ai credenti di Magnesia, esortandoli ad essere Chiesa:

“Con la guida del vescovo al posto di Dio, e dei presbiteri al posto del collegio apostolico e dei diaconi a me carissimi che svolgono il servizio di Gesù Cristo che prima dei secoli era presso il Padre e alla fine si è rivelato. 2. Tutti avendo una eguale condotta rispettatevi l’un l’altro. Nessuno guardi il prossimo secondo la carne, ma in Gesù Cristo amatevi sempre a vicenda. Nulla sia tra voi che vi possa dividere, ma unitevi al vescovo e ai capi nel segno e nella dimostrazione della incorruttibilità. ( VI,1).

Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, nè da solo nè con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri. Nè cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa: una sola preghiera, una sola supplica, una sola mente, una sola speranza nella carità, nella gioia purissima che è Gesù Cristo, del quale nulla è meglio (VII, 1).

Vorrei che facessimo nostra l’espressione: “Nè cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa”. Ci sono opere, realizzazioni, successi personali che riempiono il nostro cuore e fanno sì che riscuotiamo anche stima presso gli altri. Che una cosa sia lodevole per sé stessa, significa che ha un valore in sé. È il valore della comunione, di ciò che è essenziale al nostro essere Chiesa, che vale più di qualunque altra cosa. Il cammino sinodale che abbiamo intrapreso ci conduce a realizzare un’opera comune, quella del discernimento su “ciò che vale”. E quando Ignazio dice “una sola mente”. Vuol dirci proprio: una visione condivisa della nostra missione. Ecco cosa San Biagio dice alla nostra comunità ecclesiale, ed ecco quello che sento di indicare nel nostro cammino di Chiesa alle comunità parrocchiali di Bronte: camminare nella via della sinodalità per crescere nella comunione.

A voi autorità politiche militari, che incontro nella Festa del patrocinio di San Biagio, voglio indirizzare alcune riflessioni che in qualità di Presidente del Comitato Scientifico per le Settimane Sociali, che alcuni giorni fa ho rivolto, insieme agli illustri membri del detto Comitato, a tutti credenti:

C’è bisogno oggi, come non mai, di una rifondazione etica della politica. Essa deve essere vissuta e praticata come la forma più alta di carità e di servizio al bene comune e non come strumento di conquista ed esercizio di posizioni di potere e di benessere personali. Una politica alimentata da un costante ascolto delle istanze emergenti dalla vita delle comunità, dei corpi intermedi e della società civile; intessuta in un clima di dialogo e rispetto reciproco fra i diversi schieramenti, che niente toglie a una sana e vivace dialettica politica; animata da un sincero desiderio di ricercare le soluzioni più idonee per il Paese e portarle avanti nel tempo con lealtà e coraggio, indipendentemente dalle convenienze del momento.

Una politica tesa a unire l’ascolto attento delle istanze – esplicite e non esplicite – delle persone e delle comunità con le necessarie abilità e competenze, tenendo insieme capacità di mediazione fra interessi diversi e determinazione nel perseguire il bene a lungo termine del Paese, cultura dell’alternanza (che impedisce il cristallizzarsi di posizioni di potere) e cultura della stabilità (che consente di portare a termine progetti e processi che richiedono tempo e di valutarne i frutti).

 Sottolineo: la cultura della stabilità, che permette di dare sicurezza ad un mondo che oggi vive la frustrazione di cambiamenti non voluti e disastrosi: la pandemia e la guerra, con la conseguente crisi economica. Come fronteggiare queste “rivoluzioni inaspettate” se non con soluzioni che abbiano una progettualità che deve avere il tempo di realizzarsi e di essere verificata? Faccio appello a voi, perché anche nei vostri partiti e movimenti politici abbiate a cuore questo stile, per il bene della comunità civile e dei poveri, coloro che pagano il prezzo più alto di ogni crisi.

San Biagio nostro Patrono, che è stato un Vescovo che ha conosciuto ed unito il suo gregge con lo stile di Gesù Bel Pastore: sia per noi modello ed intercessore per vivere come popolo di Dio in cammino, vincendo il tarlo dell’individualismo. Ricordatevi: il nostro patrono è un uomo che ci insegna ad essere Chiesa e comunità civile coesa!

+ Luigi

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