La Professione solenne delle Sorelle Povere di S. Chiara è un rito che esprime nei vari passaggi lo sposalizio d’amore tra il Creatore e la creatura, la quale accoglie la chiamata e pronunzia il suo: “Sì, lo voglio”, contestualmente ai voti di obbedienza, castità, senza nulla di proprio e in clausura per sempre nella grande Famiglia francescana per la Chiesa, con la Chiesa, nella Chiesa “A laude di Cristo. Amen! “.

Nel memoria di Santa Chiara, Sr Maria Bianca Pistorio della Divina Misericordia, dopo la chiamata, le interrogazioni, le litanie proprie cantate durante la prostrazione a terra, ha espresso la formula di professione della forma di vita di S Chiara d’Assisi nelle mani di Madre Chiara Maria D’Angelo.

Il rito si conclude con la firma della pergamena sull’altare per suggellare il patto di alleanza, il canto dell’antifona della candidata che ripone la sua speranza in Dio Padre, la consegna dell’anello da parte di S.E. Mons. Luigi Renna ed, infine, con l’accoglienza della neo professa nella comunità monastica di S Gregorio di Catania.

Di seguito il testo dell’omelia dell’Arcivescovo:

Reverenda Madre,

carissime Sorelle Povere di S. Chiara, carissimi fedeli tutti,

tutto oggi parla di una festa nuziale: una donna pronta a dire il suo “Si”, le sorelle nella fede e nel cammino che le fanno corona, l’anello, segno di sponsalità, preparato per essere segno di un patto d’amore. Nel mistero della nostra fede, la presenza dello Sposo, nella Parola e nel Sacramento dell’Eucaristia, chiama suor Maria Bianca per unirla a sé in un amore eterno. Oggi vediamo compiersi un rito presente in tutte le culture, quello delle nozze, ma che per noi credenti ha un senso particolare, perché lo Sposo di suor Maria Bianca non potrà mai tradire o lasciare la sua sposa, perché è fedele per sempre; non darà il suo amore nel tempo della vita terrena, ma per l’eternità. Le parole del profeta Osea ci aiutano a comprendere questa esperienza umana e divina allo stesso tempo, paragonabile a quella di altre nozze, ma infinitamente singolare rispetto ad esse.

Ecco che la profezia di Osea inizia con le parole: “La attirerò a me” (Os 2,16). C’è qualcosa della vita dell’altro che lo rende unico e irripetibile, per cui, tra miliardi di persone, si sente che quella persona ci “attira”. Nell’amore umano è essenziale la reciprocità, cioè che l’uno si senta attratto dall’altro. Nell’esperienza dell’amore tra Dio e il popolo d’Israele, a cui questo brano si riferisce, Dio attrae a sé la sua sposa, ma ci fa interrogare su che cosa di bello e di unico trova nella vita di questo popolo eletto. Nelle sue profezie Osea riporta le parole di Dio che riconoscono le infedeltà di Israele, e lo invita a tornare al suo Amato, cancellando i segni dell’idolatria, che paragona alla prostituzione. In questa storia di un profeta che ama una donna infedele, il Signore vuole farci intendere che Egli ci ama per primo, che ci predilige nonostante noi stessi, che il Suo Amore perdona e recupera, e rende ciascuna sposa degna di essere tale. E la sposa corre finalmente dietro questo Sposo che l’ha sedotta con il suo amore gratuito. San Gregorio Magno, la cui sollecitudine verso le Chiese di Sicilia è a tutti nota, così commenta un brano del “Cantico dei Cantici”: “Corriamo al profumo degli unguenti di Dio quando, portati dal soffio dei suoi doni spirituali, attendiamo di vederlo con desiderio ed amore. Bisogna sapere che gli uomini che seguono Dio talvolta camminano, talvolta corrono e talvolta corrono ancora più velocemente. Cammina nella sequela di Dio, per dire così, chi lo segue tiepidità; corre chi lo segue con fervore; corre perfettamente chi lo segue con perseveranza” (S. Gregorio Magno, Commento al Cantico dei Cantici, 25). Cara suor Maria Bianca e care Sorelle Povere, egli vi attrae e voi non vi limitate a seguirlo, ma correte dietro il Lui e dietro il Profumo del Suo Amore che vi attrae. E la vostra “corsa” sia la perseveranza, quel “rimanere in Lui” di cui Gesù stesso parla nel Vangelo.

“La condurrò nel deserto”: dove ti porta il tuo Sposo, suor Chiara? Nel deserto, in un luogo appartato che dice intimità con il Signore e singolarità di te per Lui e di Lui per te! Il deserto è il luogo nel quale il popolo di Israele ha camminato a lungo, imparando a vivere da amato, nutrito dalla manna, dissetato dall’acqua della roccia; è soprattutto il luogo nel quale Dio ha stretto un’alleanza d’amore. Chi entra nel deserto si lascia alle spalle l’Egitto della schiavitù e del non amore, come il popolo di Dio; entra in un luogo di povertà, perché ci sono solo manna e acqua; in un tempo di castità, perché c’è solo Lui, lo Sposo; in una storia di obbedienza, perché l’alleanza d’amore richiede adesione del cuore. Donne sante hanno preferito il deserto del chiostro al lusso della vita mondana, e prima fra tutte la beata Agnese di Praga, merita questo elogio dalla stessa S. Chiesa: “… tu, stimando cosa vile grandezza di un regno terreno e sdegnando l’offerta di un connubio imperiale, per amore della santissima povertà, in spirito di profonda umiltà e di ardentissima carità, ricalchi con assoluta fedeltà le orme di Colui del quale hai meritato d’essere sposa” (S. Chiara alla beata Agnese di Praga, Lettera seconda, FF2873).

E infine la profezia di Osea dice: “Ti farò mia sposa per sempre”. Tu sarai, insieme alle tue sorelle, cara suor Chiara, allo stesso tempo vergine e sposa di Cristo. Papa Francesco, nell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, ha messo in evidenza la reciprocità tra la vocazione al matrimonio e quella alla verginità consacrata, ed ha scritto: «La verginità consacrata ha il valore simbolico dell’amore che non ha la necessità di possedere l’altro, e riflette in tal modo la libertà del Regno dei cieli. È un invito agli sposi perché vivano il loro amore coniugale nella prospettiva dell’amore definitivo a Cristo, come un cammino comune verso la pienezza del Regno […] Mentre la verginità è un segno “escatologico” di Cristo risorto, il matrimonio è un segno “storico” per coloro che camminano sulla terra, un segno di Cristo terreno che accettò di unirsi a noi e si donò fino a donare il suo sangue» (Amoris Laetitia, 161). Così fu per Santa Chiara: il suo amore per Cristo divenne “generativo”. “Le vergini, nel suo esempio, si affrettano a mantenersi tali per Cristo; le sposate si studiano di vivere più castamente. Perfino l’impeto ardente dei giovani viene spronato a questa gara nella via della purezza ed è stimolato a disprezzare le false lusinghe della carne” (Leggenda di S. Chiara, 10, FF 3177). Ogni amore autentico è fecondo, come quello di una sposa: così sia ricca di frutti la tua testimonianza, perché ognuno, nella sua vocazione, ami Cristo Sposo con la dedizione di una Sorella Povera di S. Chiara.

Ecco lo Sposo ti attira, il deserto fiorisce al suo passaggio, la stanza nuziale del Suo Amore si apre davanti a te. Corri dietro i suoi profumi!

+ Luigi

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