Sacerdoti, Vescovi, seminaristi, autorità militari e civili, associazioni ecclesiali e non, hanno espresso vicinanza a S. E. Mons. Luigi Renna partecipando in Cattedrale alla Celebrazione Eucaristica per l’imposizione del Pallio da parte di S.E. Mons. Emil Paul Tscherring, Nunzio Apostolico in Italia, la sera dello scorso 29 settembre. L’Arcivescovo di Catania col cuore gonfio di commozione e gioia alla fine della Celebrazione ha rivolto all’assemblea il suo accorato ringraziamento con le seguenti parole:

  • Eccellenza carissima mons. Emil Paul, nunzio apostolico in Italia,
  • eminenza reverendissima cardinal Paolo,
  • fratelli nell’episcopato Antonino, Calogero, Salvatore, Giuseppe,
  • distinte autorità civili e militari,
  • carissimi fratelli e sorelle del popolo di Dio che è in Catania, diletti fratelli presbiteri, diaconi e consacrate e consacrati,

mentre oggi indosso il pallio che è stato benedetto da sua santità papa Francesco il 29 giugno scorso nella Basilica Vaticana, non posso non pensare alle parole di sant’Agostino, che commentano la profezia di Ezechiele, afferma che i pastori del popolo di Israele si sono vestiti della lana del loro gregge, ma non lo hanno servito come dovevano. Il santo vescovo di Ippona dice: “Chi dà la lana offre l’onore (…) Ogni uomo infatti è fragile. E colui che vi governa non è certo diverso da voi (…) Pertanto se consideri che cosa egli sia in se stesso, vedi che è un semplice uomo. Ma quando tu l’onori, ricopri in lui ciò che in lui v’è di fragile.” Questo segno del pallio è segno di servizio e di onore, ma è di lana, di quella lana che il gregge dona al pastore: è segno che la benevolenza di Dio e del suo popolo si riversa su di me e mi copre perché sia Suo e vostro servo. È di lana questo pallio, perché non mi dimentichi che io sono stato preso dal gregge del popolo di Dio e sono cristiano con voi, prima che pastore per voi.

Ringrazio papa Francesco, perché ci insegna come si porta il pallio in questo magnifico tempo: lo si porta con umiltà, senza dimenticare l’odore delle pecore, con lo sguardo attento alla identità della Chiesa, che è frutto di comunione nel Signore, di partecipazione che è rinvigorita dal cammino sinodale, di missione che non teme di uscire sulle strade del mondo. Ringrazio lei caro monsignor Emil Paul che ci ricorda sempre quello che il Papa, scelto dallo Spirito santo, dice alla Chiesa del nostro tempo.

Ringrazio il Signore e voi cari fratelli nell’episcopato, Salvatore, Paolo, Antonino, Calogero e Giuseppe, che circa sette mesi fa mi avete accolto e che avete ricoperto con la lana della vostra fraternità questo fratello e che lo state aiutando ad essere servo con voi di questo popolo di Dio delle Chiese che sono in Sicilia, anche con gesti concreti, come quello della costituzione del Tribunale ecclesiastico etneo, degli interventi collegiali, che fanno di noi degli apostoli che camminano”due a due”.

Grazie a te, caro popolo di Dio di Catania, caro Vicario, presbiteri, diaconi e consacrate e consacrati. Con san Paolo posso dire. “Mi avete accolto come un messaggero di Dio. Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati gli occhi per darmeli” (Gal 4,14.15). In questa lana c’è l’odore delle vostre fatiche e dei vostri slanci, del desiderio che un giorno avete espresso nella vostra vita di appartenere a Cristo Buon pastore. In queste croci ci sono le sofferenze della nostra gente che vorremmo cancellare e curare: che su di esse splenda la gemma della nostra carità.

E voi, distinte autorità che siete qui presenti, vedete in che cosa consiste il “grado” di dignità di un pastore della Chiesa: indossare un piccolo segno distintivo che dice servizio, vicinanza al gregge di Dio, segnato dalla croce, perché questo siamo chiamati a fare, ognuno nel suo ruolo, il vostro civile e militare, il mio ecclesiale, chiamato a far fiorire le vocazioni laicali soprattutto quelle, chiamate a santificare ciò che riguarda le nostre città, ed avere a cuore l’umanità, gloria del Dio vivente.

Sul pallio ci sono delle croci, tenute insieme da spille gemmate: è la croce del Pastore che si fece Agnello per manifestare l’amore del Padre e salvare l’umanità. Pregate che mi configuri nella paternità al bel Pastore, nella mitezza all’Agnello immolato.

E il mio pensiero va al passato: la mia famiglia, la chiesa di Andria, in particolare la mia Minervino che oggi onora il suo santo patrono Michele, al caro Seminario Regionale, alla diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano che ho avuto l’onore di servire: dalle buone pecore si formano i buoni pastori, dice sant’Agostino, e tutto ciò che di buono vi è in me, lo devo al Pastore supremo e a voi che ho menzionato.

Camminiamo insieme, e che il pallio che d’ora in poi vedrete come un giogo soave sulla casula, ci ricordi che siamo chiamati a seguire l’unico Pastore, io nel mio ministero, voi con la vostra vocazione e la nostra fatica quotidiana e la più grande gioia consistano nell’annunciare il Signore Gesù che ci ama.

Durante la Celebrazione l’omelia è stata proclamata dal Nunzio Apostolico in Italia, Mons. Emil Paul Tscherring, della quale si riporta di seguito il testo integrale:

  • Eccellenza Rev.ma Mons. Luigi Renna, Arcivescovo Metropolita di Catania,
  • Eccellenza Rev.ma Mons. Salvatore Gristina,
  • Arcivescovo Emerito di questa Arcidiocesi,
  • Eminenza Rev.ma Cardinale Paolo Romero,
  • Confratelli Vescovi suffraganei, fratelli sacerdoti e diaconi,
  • Consacrati, seminaristi, fratelli e sorelle in Cristo,

Il Signore, in questa Festa dei Santi Arcangeli, ci raduna attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia per vivere il mistero e la responsabilità del nostro essere Chiesa in comunione con il Santo Padre nel segno del Pallio imposto sulle spalle del Vostro Arcivescovo. Ringrazio il Signore che mi concede la possibilità di stare con Voi come Rappresentante del Papa e di celebrare, in un mondo sempre più disunito e confuso, il miracolo della comunione che affonda le sue radici in Cristo, morto e risorto. Vi chiedo ancora una volta di pregare molto per la persona del Santo Padre e per la sua missione che si estende oltre i confini della Chiesa in favore della pace nel mondo e della convivenza rispettosa tra i Popoli.

Oggi contempliamo il mistero di Dio custodito dagli Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele. Essi sono creature, ma allo stesso tempo puri spiriti, e stanno al cospetto di Dio come suoi ministri e messaggeri al servizio dell’umanità. Sono essi che, lungo la storia, sono intervenuti nel mondo per rivelare all’uomo, in circostanze particolari, l’amore, la vicinanza e i piani di Dio con l’umanità. Nei loro nomi la Sacra Scrittura e la Tradizione hanno condensato il valore e la particolarità della loro missione. Così, Michele significa “Chi è come Dio”, Gabriele rappresentala “forza di Dio” e Raffaele contiene la promessa che “Dio guarisce”. Ciascuno, a suo modo, ci chiede di riscoprire una parte di noi stessi e della nostra fede per metterla a servizio del Signore e del prossimo.

L’Arcangelo Michele appare nelle Sacre Scritture come il difensore degli amici di Dio e protettore del suo popolo contro le insidie di Satana. Nelle ultime pagine della Bibbia, Michele è protagonista della lotta terrena del male contro la donna, cioè la Chiesa. L’Arcangelo ci ricorda che, per poter vivere ad immagine e somiglianza di Dio, è necessario prenderci cura di coloro che incrociano le nostre vite, diventando difensori della dignità propria di ogni fratello e di ogni sorella e allo stesso tempo proteggendoli da tutto ciò che può minacciarli. Michele è colui che, stando alla presenza di Dio, ci insegna che scegliere il bene significa diventare custodi di quanti il Signore ci ha affidato, soprattutto dei più deboli.

Gabriele, che nel suo nome porta il segno della forza di Dio, è menzionato tra le pagine più belle della Bibbia come messaggero dell’annuncio dell’incarnazione del Figlio di Dio, che segna la pienezza dei tempi. Dal dialogo tra Gabriele e Maria apprendiamo che nulla è impossibile a Dio. Basta credere ed avere quella fede a cui Maria ha risposto senza esitazione per diventare anche noi portatori di quella speranza che rinnova il mondo. Gabriele ci rivela anche il Dio delle sorprese che, con la sua potenza e la sua bontà, continua a creare e rinnovare l’universo e l’umanità. Ci insegna anche il discernimento dei segni che il Signore semina nel tempo, di quelle piccole e quotidiane profezie che realizzano la promessa di Dio. Essere in grado di interpretare i tempi che viviamo e la società in cui come cristiani siamo chiamati a evangelizzare, sono le premesse fondamentali per poter essere messaggeri credibili e collaboratori affidabili nel piano di Dio per la nostra generazione.

Raffaele, ovvero “il Signore guarisce”, è presentato nel Libro di Tobia come l’inviato di Dio per curare lo spirito di Sara e gli occhi ciechi del vecchio Tobi. Interviene anche come guida presso una giovane copia per renderla felice, indicando così che Dio si interessa di ognuno/a di noi, ci incontra nelle nostre miserie, nelle nostre malattie e nelle nostre gioie. Raffaele ci invita a rimuovere la cecità dai nostri occhi, affinché possiamo vedere il volto di Dio nella nostra storia, nella bellezza del creato, nei nostri vicini. Egli toglie il velo della nostra incredulità per abilitare i nostri occhi alla fede ed alla contemplazione della bontà e della grandezza del nostro Creatore. Raffaele ci sollecita a scorgere ciò che è dietro le cose e che la saggezza umana da sola non può scoprire. Egli ci parla di un Dio che non è lontano, ma vicino ad ognuno di noi e in ogni circostanza della vita, di un Dio che ci prende per mano e guarisce le ferite dell’anima e del corpo ed è capace di trasformare le nostre sconfitte in realtà nuove.

Dagli attributi dei Santi Arcangeli e dalla loro missione possiamo dedurre che l’azione di Dio nel mondo e nella nostra vita è sempre espressione del suo amore fedele per noi. Questo amore protegge, è annunciato e guarisce: tre verbi che sono tre modi della vicinanza e dell’azione di Dio nella storia del mondo e nella nostra storia personale. Credere e sperimentare che il Signore è con noi, ci protegge e ci difende soprattutto dal male, è una consapevolezza meravigliosa, un messaggio per il mondo e per la gente che si sente sola e abbandonata.

La vicinanza di Dio testimoniata dagli Angeli si è fatta carne nel Suo Figlio nel seno della Vergine Maria. Chi vede Lui e crede, erediterà la vita eterna. È questo annuncio di salvezza che siamo chiamati a trasmettere alla presente generazione, affinché tutti abbiano la possibilità di partecipare al dono della salvezza. Essere evangelizzatori è un atto di suprema carità, perché offriamo ai fratelli il dono dell’immortalità e della vita eterna che nessuno può acquistare con le proprie forze o con cose materiali. Se diventiamo evangelizzatori credibili avremo tutti la capacità di guarire e di curare le ferite degli altri, perché ciò che annunciamo è liberazione e gioia. Nel pane eucaristico, il santo e il peccatore trovano la medicina divina che sana l’anima e il corpo. È Cristo stesso, il Dio fatto uomo, che ci rende cristofori, cioè portatori di Cristo, luce in un mondo spesso triste e senza speranza. Certo, se credessimo davvero nella potenza di quel Dio rivelato dall’Arcangelo Gabriele a Maria, il nostro mondo potrebbe essere un altro, certamente più umano e meno ostile.

Questa consapevolezza che viviamo nella fede deve essere la forza motrice per la nostra missione di discepoli missionari. Sono gli atteggiamenti che Papa Francesco ha ricordato ai sacerdoti siciliani da lui ricevuti in udienza lo scorso Giugno. In quell’occasione il Papa ha detto: “Stare accanto, essere vicini, ecco quello che siamo chiamati a vivere, per la fedeltà di Dio; per amore suo stiamo accanto fino in fondo, fino alle estreme conseguenze, quando ad esse conducono le circostanze di giustizia, di riconciliazione, di onestà e di perdono. Vicinanza, compassione e tenerezza: questo è lo stile di Dio ed è anche lo stile del pastore… La vicinanza, che è compassionevole, perdona tutto, è tenera. Abbraccia, accarezza” (9 giugno 2022).

Nell’incontro di oggi tra Gesù e Natanaele (Gv 1,47-51), l’evangelista Giovanni ci consegna l’immagine del cielo aperto e degli angeli che salgono e scendono sopra il Figlio dell’uomo, il solo Mediatore tra cielo e terra. Lui è la scala che, chi aspira alla vita vera, deve salire per raggiungere la terra promessa dove si vedranno “cose più grandi di queste!”. Avere la stessa vocazione degli Arcangeli è la via più bella e interessante per stare sempre alla presenza di Dio, per percorrere quella scala che ci permettere di raggiungere le cose celesti avendo uno sguardo di amore e di misericordia per quanto Lui ci affida su questa terra. Ciò implica anche di vivere la stessa missione che è iscritta nel loro nome, e cioè proteggere, annunciare e guarire, i tre verbi che Michele, Gabriele e Raffaele ci consegnano quest’oggi.

Infatti Papa Francesco, parlando degli Arcangeli, ha spiegato: «Una cosa che attira l’attenzione dall’inizio è che gli angeli e noi abbiamo la stessa vocazione: cooperare al disegno di salvezza di Dio; siamo, per così dire, “fratelli” nella vocazione». Inoltre, continua il Papa, gli angeli «stanno davanti al Signore per servirlo, per lodarlo e anche per contemplare la gloria del volto del Signore: gli angeli sono i grandi contemplativi, contemplano il Signore; servono e contemplano. Ma, anche, il Signore li invia per accompagnarci sulla strada della vita» (Omelia Santa Marta, 29 settembre 2017).

Che la Vergine Maria, Regina degli Angeli, e Sant’Agata intercedano per noi e per le nostre comunità in questa bella e storica terra catanese. Riscopriamo insieme la bellezza del nostro essere Chiesa, ricca della fede, della devozione e dei riti che accompagnano la religiosità di questa magnifica Isola. Sotto la guida dei santi Arcangeli proteggiamo chi è in difficoltà, annunciamo con nuovo fervore la speranza che è in noi in qualità di messaggeri del Signore che è amore e misericordia. In Cristo, Dio ha assunto la nostra carne guarendo tutto ciò che in noi è malato e distorto, le ferite dell’odio e della violenza umana, le lacrime per i figli che non trovano lavoro e per quelli che sono falciati dalla malavita. Pertanto, insieme a Papa Francesco, chiediamo al Signore dei poveri: “Aiutaci a riscattare gli abbandonati e i dimenticati di questa terra che tanto valgono ai tuoi occhi …Grazie perché sei con noi tutti i giorni. Sostienici, per favore, nella nostra lotta per la giustizia, l’amore e la pace” (Laudato Sì, 246). Così sia. Amen.

+ Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia

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