di Don Antonino De Maria

Una serata memorabile quella che abbiamo vissuto ieri 17 gennaio 2023 nell’Aula Magna strapiena del San Luca in occasione della XXXIV Giornata del dialogo Ebraico-Cristiano, in ascolto della Parola di Dio e della sofferenza condivisa di ebrei e cristiani in un tempo difficile che ci invita ad essere testimoni, a lasciare che la Gloria di Dio dimori tra gli uomini attraverso i nostri due popoli.

Rav Arbib ha saputo attrarre l’attenzione degli ascoltatori spiegando il ruolo che nella liturgia sinagogale riveste il testo di Is. 40,1-11, letto in un momento particolare per la storia d’Israele, dopo una profezia di distruzione. La doppia consolazione nasce proprio dalla consapevolezza che quando la profezia della distruzione di Gerusalemme si è compiuta nel fiume di sangue sparso dai Romani al tempo dell’imperatore Adriano che ricostruì una città svuotata della presenza ebraica facendola diventare Elia Capitolina e vietando assolutamente l’ingresso in essa di chiunque fosse circonciso, questo fatto doloroso diventava esperienza di attesa del compiersi dell’altra profezia: proprio quella di Isaia 40. Ad un evento terribile si accompagna un evento di redenzione. Questa è la trama della storia d’Israele, tra maledizione e benedizione, tra tenebre e luce, tra morte e vita: la storia tragica di un’alleanza tra Dio e Israele e attraverso di lui con ogni uomo, segnata da fatti che spesso restano incomprensibili al profeta come al popolo. Un’esperienza pasquale.

Rav Arbib ha sottolineato come la Sicilia e il meridione italiano nel XV secolo hanno vissuto un’esperienza simile. Il centro dell’ebraismo era proprio la Sicilia dalla quale, dopo l’espulsione degli Ebrei dal Regno di Aragona e Castiglia nel 1492, esattamente nello stesso giorno in cui questa profezia veniva proclamata nella sinagoga, anche gli Ebrei del Regno di Sicilia furono espulsi e trovarono paradossalmente rifugio nella Roma di Alessandro VI, il Borgia anch’egli spagnolo.

La storia porta con sé elementi tragici ma anche di speranza e di redenzione, di novità che viene da Dio.

Mons. Antonino La Manna ha, invece, ripercorso il contesto nel quale si trova il testo, quello dell’anonimo profeta che vive al tempo di Ciro il Grande, il cosiddetto Deutero-Isaia, che annuncia l’avvento del Messia, compimento dell’agire di Dio come tenero pastore del suo popolo. Proprio l’Avvento costituisce il contesto liturgico cristiano nel quale il testo viene proclamato e diventa luce nel cammino storico della Chiesa cristiana, pur annunciando un compimento definitivo per noi cristiani. Il racconto dell’esperienza della morte di sua madre durante l’epidemia di Covid 19 ha permesso ancora una volta che l’accadere della redenzione di Dio nella storia, quando la storia si fa dura e spinge alla disperazione, avvenga attraverso la prossimità di chi crede nel compimento di questa consolazione, annunziata dal profeta. In fondo, come aveva già detto Rav Arbib, siamo chiamati alla santità, a lasciare che la Santità di Dio riempia i nostri popoli come nel Tempio, luogo della Sua dimora in questo mondo.

Concludendo i due interventi ho detto io stesso che siamo chiamati oggi e sempre a comprendere da che parte sta Dio e a chiederci da che parte stiamo noi, lasciandoci coinvolgere dall’azione di Dio nella storia, nostra e di tutta l’umanità.

L’Arcivescovo all’inizio del dialogo (non un dibattito accademico ma un ascolto reciproco) ha ringraziato il rabbino, Presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e Rabbino capo di Milano per aver accolto l’invito e ha ribadito attraverso il magistero di Papa Francesco il bisogno di un dialogo più profondo e proficuo tra Ebrei e Cristiani, innestati nella stessa radice, per una testimonianza comune.

Più volte negli interventi del Rabbino e in quello dell’Avv. Carola Parano è tornato il pensiero sul magistero di Papa Benedetto che ha dialogato con il mondo ebraico con schiettezza e competenza.

L’Arcivescovo, che ha già fissato per il 18 gennaio la data degli incontri successivi, dopo aver raccontato la sua esperienza di questo dialogo durante il suo ministero quale rettore del Seminario Regionale di Molfetta, insieme a Rav Arbib ha espresso il desiderio di rinnovare questi incontri anche al di là della Giornata ufficiale: speriamo molto presto di ripetere questa iniziativa secondo tematiche concordate.

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