di Giuseppe Adernò

Non poteva mancare nel Festival della comunicazione sul tema “Parlare col cuore e farlo con mitezza” una riflessione letteraria sul grande scrittore siciliano Giovanni Verga, del quale è stato celebrato il centenario lo scorso anno.

La presentazione del libro di Giuseppe SavocaVerga cristiano dal privato al vero”, su proposta della Prof. Arianna Rotondo, presso la sede della Fondazione Verga, è stato il tema dell’incontro nel quale sono intervenuti il critico letterario Sergio Cristaldi dell’Università di Catania ed il teologo Don Pino Ruggieri dello Studio Teologico San Paolo di Catania.

Nell’introdurre i lavori, il moderatore,prof. Antonio Sichera dell’Università di Catania, ha indirizzato il dibattito sull’interrogativo se Verga, padre del verismo, fosse cristiano e quale dimensione religiosa si manifesta nelle sue opere.

I relatori hanno risposto evidenziando come, secondo il dire comune “siamo tutti cristiani” e la scelta metodologica dell’impersonalità, sia un artificio voluto per conferire alla narrazione quella caratteristica di neutralità da parte dell’Autore nella descrizione oggettiva dei fatti.

Nei Malavoglia, che celebra la religiosità naturale della famiglia il coinvolgimento emotivo dell’Autore appare evidente ed investe il lettore che “si commuove” nel condividere gli accadimenti che segnano le sequenze della storia dei Malavoglia.

Nella lettura dell’interiorità dei personaggi Verga trasmette la profonda umana religiosità del suo animo di “credente” e nella scelta degli umili, dei vinti, dei poveri, dei sofferenti, dà concretezza all’essenza del cristianesimo che si manifesta nella carità e nell’attenzione agli emarginati.

Il pensiero kantiano, che pone l’esercizio della religione “entro i limiti della ragione”, trova riscontro nella narrativa del Verga, il quale risponde alle istanze morali dell’uomo e, descrivendole. se ne fa carico e compagno di viaggio. A tal proposito vengono citati due brani del Vangelo di Matteo e di Luca che sul tema dell’aldilà e del giudizio finale sono convergenti nella definizione dei “veri cristiani” che non sono coloro che recitano solo le preghiere, bensì quanti operano il bene e non commettono iniquità.

È stata evidenziato, inoltre, come il Verga celebri la dimensione popolare della fede nella descrizione delle feste e nella citazione dei Santi Patroni che si intrecciano con i proverbi e le massime popolari, espressioni della saggezza contadina.

La pratica religiosa del fare celebrare la Messa in ricordo dei genitori defunti ha connotato la vita del Verga, che così compiva un atto sacro, tanto gradito a suoi morti.

La poesia della vita quotidiana che Verga racconta condensa pensieri, sentimenti, desideri e speranze secondo la logica del vivente che ricerca la vita, come ha detto il prof. Giuseppe Savoca, intervenendo da remoto al dibattito.

Il “fiat lux” del primo giorno della creazione del mondo, al settimo giorno si completa con il “fiato”, il soffio divino che dona lo spirito e la vita ad Adamo, nuova creatura.

Come ha sottolineato l’Arcivescovo Mons. Luigi Renna, che è intervenuto all’incontro, l’esemplarità del Card. Dusmet, padre dei poveri, ha sostenuto la scelta letteraria del Verga che racconta la vita dei pescatori secondo la logica del fato: “il mare è amaro e il marinaio muore in mare” ed anche il destino di Padron ’Ntoni, custode e sacerdote della misera barca chiamata “Provvidenza”.

Nei testi verghiani vengono citati spesso Dio e la Vergine Santa, anche perché la cultura religiosa del tempo e la dottrina che veniva insegnata al popolo non era “cristocentrica” e l’invocazione alla Madonna è costante nei pensieri dei personaggi verghiani.

Il profondo umanesimo del Verga, l’attenzione agli umili e ai poveri lo rende sempre “un grande”, anche se il suo cielo appare quasi sempre vuoto e grigio.

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