Passata la grande paura della pandemia che ha tenuto il mondo intero col fiato sospeso, già dallo scorso anno, ma soprattutto nell’edizione attuale la festa di Sant’Alfio a Trecastagni ritorna ad essere la più caratteristica e la più bella, per espressione di pietà popolare, tra quelle primaverili della provincia etnea.

Santi Alfio, Filadelfo e Cirino, erano dei fratelli che vennero martirizzati in Sicilia nell’anno 253, i quali, durante il loro viaggio verso Lentini, dove verranno poi uccisi, passarono proprio da Trecastagni, dove si racconta che compirono straordinari prodigi e conversioni. In memoria di questi miracoli, ogni anno si festeggia la festa di Sant’Alfio, in nome del fratello maggiore che patì più il martirio e che incitò gli altri a non cedere alle persecuzioni.

Ventuno salve di cannone, sparate al mattino dal Forte Mulino a Vento, danno inizio alla grande manifestazione che dura dal 1° al 17 maggio. Ma, prima ancora che il cannone annunzi l’inizio della festa è possibile incontrare, lungo le strade che portano al paese da ogni parte della provincia, i pellegrini che fanno il tradizionale “viaggio” a S. Alfio.

Presenti alla celebrazione dell’11 maggio, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Luigi Renna, il clero locale, il sindaco Giuseppe Messina, le autorità civili e militari, insieme a diverse rappresentanze di associazioni e confraternite provenienti dalle parrocchie del vicariato. Di seguito il testo dell’omelia dell’Arcivescovo:

Carissimi fratelli e sorelle,

in questi giorni vi siete preparati alla festa dei nostri tre Santi con alcune catechesi sul battesimo; sullo stesso tema ci siamo preparati alla festa della Santa patrona di Catania, Sant’Agata.

Perché questa insistenza? Semplicemente per non perdere di vista ciò che è essenziale nella nostra vita: la fede in Gesù Cristo e il battesimo, il sacramento che ci inserisce nel Suo Amore. Molti di voi si vantano di avere una grande devozione ai nostri Santi Alfio, Filadelfo e Cirino, sono orgogliosi per aver portato al suo Santuario un grosso cero per devozione: sono espressioni certamente belle, ma vi ricordo che la nostra salvezza è in Gesù Cristo, e il programma della nostra vita, di una esistenza cristiana autentica, è la fedeltà alle promesse battesimali e alla grazia che nel giorno della rinascita in Cristo abbiamo ricevuto. Dovremmo festeggiare il giorno in cui siamo divenuti cristiani come il giorno del nostro compleanno, perché in esso siamo rinati ad una vita non semplicemente naturale, ma eterna.

Il battesimo è il programma di una vita, anche per me che sono vescovo perché, come diceva Sant’Agostino ai suoi fedeli: “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano”. Siamo tutti in cammino verso la santità, e il mio essere vescovo è semplicemente la mia vocazione di battezzato per aiutare questo popolo di Dio ad essere fedele al Signore.

I nostri tre giovani Santi sono stati dei semplici battezzati che hanno dato testimonianza della loro fede in un tempo di terribili persecuzioni. Ad essi si possono applicare le parole che abbiamo ascoltato nella prima lettura, tratta dall’Apocalisse di San Giovanni apostolo, l’ultimo libro della Bibbia. L’apostolo vede alla fine dei tempi una moltitudine immensa di ogni nazione: sono i santi di ogni tempo e di ogni luogo. Vede che stanno ritti in piedi, nella postura di chi è risorto, e sono davanti all’Agnello, il Signore Gesù per cui hanno dato la vita; sono avvolti in vesti bianche, tenendo in mano rami di palma.

Quella veste è il segno battesimale: anche noi nel giorno del Battesimo abbiamo ricevuto una veste bianca, con le parole: “Sei divenuto nuova creatura, e ti sei rivestito di Cristo. Questa veste bianca sia segno della tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza macchia per la vita eterna”.

È il vestito più importante del “nostro guardaroba”: tutto quello che noi siamo davanti a Dio dipende dalla cura di quella veste, che non è ovviamente la cura di un abito di lino o di seta, o di altro prezioso tessuto. La cura di questo abito è la cura della nostra credibilità di cristiani. Un giovane martire siciliano del nostro tempo, il beato Rosario Livatino, ha detto: “Alla fine della nostra vita non ci verrà chiesto tanto quanto siamo stati credenti, quanto piuttosto quanto siamo stati credibili”.

Credente è chi cerca con tutte le proprie forze di amare Dio e il prossimo, di dialogare con Dio nella preghiera e credibile è chi cerca di vivere nel rispetto e nell’amore del prossimo. Credente è chi mette al centro della sua settimana l’Eucarestia domenicale e cedibile è chi si ferma a soccorrere, come un buon samaritano, chi ha bisogno di lui. Credente è chi è umile e riconosce di essere un peccatore davanti a Dio, e credibile è chi perdona settanta volte sette a chi lo offende.

Nell’Apocalisse ad un certo punto chiedono a Giovanni: “Questi vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono? Gli risposi: Signore, tu lo sai”. “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel Sangue dell’Agnello”.

Che cosa misteriosa!

Il sangue di Cristo Agnello di Dio, non le ha rese rosse, ma più candide. Perché?

Perché il Sangue di Cristo è il sangue di un amore che sa sacrificarsi, sa perdersi per gli altri, sa donare senza trattenere per sé! È sangue che rende santi e credibili.

Non posso non ricordare il sangue della camicia del beato Rosario Livatino: nella teca che la custodisce ci appare quella stessa camicia che indossava quando fu assassinato dai mafiosi, dopo essere stato inseguito come una preda nella campagna. La camicia è tutta intrisa di sangue, il sangue di un martire, che fece alzare la voce a S. Giovanni Paolo II ad Agrigento, nella valle dei Templi, proprio quarant’anni fa.

Rosario Livatino, un cristiano giovane come Alfio, Filadelfo e Cirino, rese candide le sue vesti nel sangue del martirio. Quella reliquia l’abbiamo portata per voi giovani, perché abbiate questi modelli di santità, a Catania, nell’incontro per gli oratori. Cari giovani, mi rivolgo a voi, coetanei dei nostri tre Santi: vivete la vostra fede con coraggio, senza scendere a compromessi con il malaffare e con chi vuole corrompervi, non lasciate sbiadire la vostra veste battesimale con incoerenza. “Con l’aiuto e l’esempio dei vostri cari”: così dice il rito del battesimo, chiamando in causa noi adulti, troppo spesso preoccupati di insegnare ai nostri giovani la strada del compromesso, della superficialità nella vita da credenti e da cittadini. A volte siamo noi adulti che insegnamo a sporcare la veste battesimale ai nostri giovani insegnando loro ad agire da lupi, non da agnelli tradibili nella vita quotidiana: è quella la strada che ci insegnano i martiri, che hanno vissuto credibili nell’adempimento del proprio dovere, nel cercare la pace con tutti, nel rispettare le persone e le cose.

Credibili nei “bivi” della storia, in cui occorre scegliere. A volte nella vita ci si trova davanti ad un bivio: accetto di essere corrotto, o voglio rimanere dignitosamente me stesso, anche se povero? Voglio fare i miei interessi, o quelli della comunità? Voglio essere un assenteista sul posto di lavoro, nella mia responsabilità politica, o voglio esser il puntuale e giusto servitore di una comunità?

Credibili perché fedeli al 1° comandamento, che è: “Non avrai altro Dio fuori di me!”.

È l’impegno del cero di quest’anno: voi lo avete portato ai tre Santi, e i tre Santi ve ne consegnano uno, che sarà l’impegno di tutto l’anno, e del quale vi parlerò alla fine dei festeggiamenti.

Vi siete rivestiti di Cristo, siate credenti credibili. E se la vostra veste battesimale sarà sporca del sudore del dovere e del sangue del sacrificio, sappiate che sarà più bianca, degna di comparire davanti all’Agnello, con i nostri tre Santi.

Che ci aiutino a lavare le nostre vesti nella credibilità e nella carità, per renderle candide!

✠ Luigi Arcivescovo

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