Perché spesso il racconto della realtà genera paura? «Credo che parta tutto dalla visione che si ha di essa. Il mondo è un campo da lavorare: sta a noi decidere come prendercene cura, se seminando grano o gettando rifiuti». Così apre il suo intervento l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, all’incontro con giornalisti e comunicatori “Custodi della notizia o seminatori di paura?” tenutosi lo scorso 27 gennaio all’Istituto dei ciechi della città meneghina. Il prelato risponde alle domande di Elisabetta Soglio, caporedattrice dell’inserto settimanale “Buone notizie” del Corriere della Sera, che ha voluto indirizzare il dialogo proprio verso i temi affrontati sulle sue pagine.

 «Penso che il giornalista non possa considerare la notizia come un prodotto del mercato – continua Delpini -, bensì come un servizio al bene comune». Si accoda a queste parole Marco Girardo, direttore di Avvenire, che aggiunge: «Il nostro lavoro è fatto di ricerca della precisione, della verifica, individuando il nostro target: consumatori o cittadini?»

Girardo si sofferma su una delle principali mission del suo giornale, invitando i colleghi a riprendere una sincera interazione con i propri lettori, affinché si instauri con loro un clima di fiducia. «Io sono persuaso che la serietà e le buone intenzioni possano essere quel seme futuro di cui noi siamo responsabili – riprende il Vescovo – La disperazione non è obbligatoria, per questo io sono alla ricerca di seminatori di fiducia. Ho fiducia nell’umanità, perché la merita».

Ma è necessario indossare degli occhiali speciali per rendersi conto che la realtà è fatta anche di buone notizie? «La realtà è buona in tutto il suo complesso e noi siamo buoni – spiega – Le buone notizie sono importanti, ma ancora più importante è avere una visione dell’insieme».

Altra tematica affrontata, su cui è intervenuto Sigfrido Ranucci, conduttore di Report su Rai 3, è il ruolo dell’Intelligenza artificiale nel campo della comunicazione: «Va regolamentata da un punto di vista etico. Se la si sa usare è un vantaggio, ma se diventa un pretesto per perdere le nostre capacità umane diventa un problema. Chiamarla intelligenza artificiale crea un’interpretazione sbagliata».

 Alla domanda «Cosa pensa di noi giornalisti?» monsignor Delpini ribatte scherzosamente «Non posso dare un giudizio perché non leggo i giornali, non ho il tempo. Mi chiedo come facessero i miei predecessori». E Girardo risponde: «Un po’ di critiche ce le meritiamo: siamo troppo autoreferenziali. Chi ha più tempo di leggere quaranta pagine di giornale? Nemmeno l’Arcivescovo».

A conclusione della conferenza l’Istituto ha proposto ai presenti un “Aperitivo al buio”, un’esperienza multisensoriale guidata da non vedenti, atta a sperimentare l’assenza dell’immagine visiva. Un modo diverso di relazionarsi con la realtà che ci circonda. 

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