L’intenso messaggio che papa Francesco ha donato alla Chiesa per la Quaresima del 2024 è ricco di spunti meditativi, di esortazioni, di esperienze consegnate.
Per i lettori di Prospettive è stato chiesto a noi contemplative una messa a fuoco su un punto nevralgico del messaggio: «È tempo di agire, e in Quaresima agire è anche fermarsi. Fermarsi in preghiera, per accogliere la Parola di Dio, e fermarsi come il Samaritano, in presenza del fratello ferito. L’amore di Dio e del prossimo è un unico amore».

Sembrerebbe di trovarci davanti ad un apparente contrasto: agire è verbo che indica dinamicità, movimento, mentre fermarsi rimanda a una stasi. Eppure il Santo Padre ci esorta a vivere queste due dimensioni come necessarie e complementari l’una all’altra. In fondo è quanto contemporaneamente avviene nella casa di Betania dove due sorelle accolgono il Maestro, ma il fare di Marta senza essere sostanziato dall’ascolto di Maria diventa quell’affanno che viene biasimato da Gesù. Il tempo quaresimale sembra allora essere il più propizio per esercitarsi in questa arte di agire fermandosi e fermarsi agendo.
La Bibbia è piena di inviti a fermarsi. Ad esempio mediante il salmo 46,10 Dio ci intima: «Fermatevi e sappiate che io sono Dio…», e ancora nel salmo 4 – «nel vostro giaciglio riflettete e placatevi» – ci invita a fare la verità su noi stessi, un “resettarsi”, un risanare, un ricostruire che ci rigenera e ci aiuta a ripartire con più slancio.

In una società caratterizzata dall’ansia di prestazione, dall’iperattività, da corse frenetiche e assillanti, fermarsi è visto come sprecare il tempo, rallentare la produttività, rimanere indietro. Invece fermarsi è quanto mai necessario. La Regola di san Benedetto inizia con l’imperativo esortativo «ascolta»; per ascoltare bisogna fermarsi, prestare attenzione. Ascoltare appunto il Signore che ci parla per poter ascoltare anche il fratello, per poter respirare la vita, accogliere gli eventi, interpretare la storia: «Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Ger 6,16).

Per contemplare bisogna fermarsi. Per noi monache stare alla presenza del Signore è pregare con il cuore rivolto al mondo, attento alle gioie e alle sofferenze, alle delusioni e alle speranze dell’umanità. Tra i voti che facciamo con la professione monastica vi è pure quello della stabilità nel luogo, il monastero, e nella vocazione. Stabilità esteriore e interiore, assenso, fermezza, fedeltà. Dunque una staticità dinamica che è continuo rimettersi in movimento.
Ecco che, concludendo ancora con le parole del Papa, «la dimensione contemplativa della vita, che la Quaresima ci farà così ritrovare, mobiliterà nuove energie». Si tratta di una dimensione non solo esclusivamente nostra, ma di ogni fedele. Non per nulla nella Preghiera eucaristica II il celebrante così prega a nome di tutti i battezzati: «Ti rendiamo grazie per averci resi degni di stare alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale».

È fermandosi davanti al Signore, agli altri e a noi stessi che si è resi capaci di agire. È pedalando che si mantiene l’equilibrio.

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