Il motto dello stato del Colorado è Nil sine numine che vuol dire: Niente senza la divinità. Sono parole prese dall’Eneide.

Inizia con questo esergo Colorado, poesia che apre l’opera poetica “La maggioranza delle stelle” (Edizioni Ensemble, 2020) del poeta bolognese di origini siciliane Pietro Federico. Parole prese dall’Eneide che risuonano in apertura come un testamento che richiama una discendenza. Citazione che traccia la cifra stilistica dell’intera raccolta e al tempo stesso segno tangibile di una vastità che arde e sconfina. Parole incastonate nel silenzio dei versi, che lasciano spazio al primato della realtà sull’io lirico. Fino a farsi voce del mistero che abita tutta la creazione:

la maggioranza delle stelle ci è nascosta / la notte altrimenti sarebbe / una volta di luce abbagliante / come l’uscita da queste miniere.

Occhi alla luce anche noi riemergiamo dal ventre della notte insieme ad un inedito Ciaula d’oltreoceano per compiere un viaggio inaudito, stella dopo stella, stato dopo stato, lungo un tragitto poetico originale dal sottotitolo che ne svela sin da subito la natura: Canto americano.

Che è ritmo, orizzonte, vertigine. Elementi primordiali del canto, fattori genetici dell’intera raccolta. In una parola: epica.Narrazione in versi che non lascia indifferenti. E che da millenni ancora oggi accade.Così l’America rivisitata da Federico non è appena l’habitat dell’opera ma- con chiari richiami a McCarthy – si fa protagonista stessa della raccolta, strada dove ancora è possibile viaggiare al fianco di Kerouac e incontrare personaggi che sembrano sbucare fuori da un racconto della O’Connor.

Come riflette puntualmente in quarta di copertina il poeta e critico letterario Giuseppe Conte la raccolta di Federico “non è un viaggio attraverso gli States, è molto di più, è un percorso nello spirito dell’America, della sua cultura, degli strati profondi del suo melting pot”.

Una traversata in senso verticale di una terra quella americana, custode di paesaggi che raccontano suggestioni ed esistenze. Paesaggi che non fanno appena da sfondo ma sono luoghi privilegiati abitati dalla visione perché partecipano essi stessi al dramma di tutta la creazione. Fino a scoprire che – dentro quella che possiamo definire una narrazione lirica sui generis – quella terra è fatta della stessa pasta di cui è fatto l’uomo che la vive, humus che fermenta dentro l’abisso che siamo. Terra e paesaggio, frontiera del legame indissolubile che connette la terra natale al destino dell’uomo. Fuori da ogni tentazione deterministica ma con dentro il rispetto per il mistero della libertà che determina e lega la storia personale alla Storia universale: Il mistero è destino. È un sì. Non un se. / Un sì che molti dissero prima di te (Nevada).

Considerazioni come questa impreziosiscono tutta l’opera poetica di Federico che si fa, attraverso l’incedere del narrare poetico, portavoce di una saggezza a tratti proverbiale, guidando costantemente il passo del lettore lungo latitudini esistenziali ancora inesplorate. Fino a sporgersi con audacia sull’estremo confine dell’inquietudine dell’uomo di tutti i tempi.

Inquietudine che nei testi della raccolta è fame e sete, attesa nel mezzo di un deserto, di una radura, di una periferia o nel cuore di una foresta del Nord. Viaggio attraverso un poema atipico contemporaneo cucito con estrema maestria sul telo di una bandiera che tra le sue stelle splende nella pagina col canto e la preghiera.

Slancio che è fede e disperazione insieme, amore e morte (…) Pietro parla in ogni stato, immedesimandosi con personaggi autoctoni, reali o inventati. Ed è come se avesse vissuto in quei luoghi l’infanzia, o anche prima dell’infanzia. Come ci avesse vissuto in altre vite.

Sono le attente considerazioni del poeta Claudio Damiani che individuano nello slancio esistenziale quel motore inquieto del pellegrinare on the road di Pietro Federico, con la bussola del desiderio sempre stretta tra le mani e in fondo al petto un fuoco che incendia i versi dall’inizio alla fine. Un poetare che sembra intercettare le urgenze del nostro tempo, di un mondo sempre più affamato di senso che si ritrova ad assistere quotidianamente al susseguirsi di violenti scenari. Dove tutto sembra ancora una volta crollare. Tutto tranne quell’evidenza senza tempo, constatazione e preghiera mai scontata nella Storia: Nil sine numine.

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Pietro Federico è nato a Bologna nel 1980. Scrittore, story editor e traduttore professionista. I suoi libri di poesia: Non nulla (2003, Ibiskos, Empoli), Mare Aperto, (Aragno, Torino, 2015) vincitore del premio Subiaco 2015e Premio Ceppo 2017, La maggioranza delle stelle – canto americano (Edizioni Ensemble, Roma, 2020). Di recente pubblicazione il saggio Consequentia rerum. Laboratorio di poesia contro la crisi sensoriale del nostro tempo (Rubbettino Editore 2023). Alcune traduzioni poetiche: Le storie più mute di Katherine Larson (Edizioni Interlinea), La ballata del Carcere di Reading di Oscar Wilde (Giuliano Ladolfi Editore), Poesie di Martha Serpas (in Testo a fronte di Marco y Marcos)

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