I Paesi Europei, nelle ultime settimane, sembrano in preda a una frenetica corsa agli armamenti, seguendo il diktat di Trump, il paciere, di aumentare del 5% le spese militari NATO. Notiamo che affrontare il problema del Rearm Europe dovrebbe attenere a una difesa comune europea, come già voleva De Gasperi, e non ai singoli Paesi. Inoltre è questione da trattare con cura tenendo sull’orizzonte sempre la ricerca del dialogo e della diplomazia. Infatti, il Magistero sociale della Chiesa ammette la legittima difesa contro l’ingiusto aggressore, secondo precisi criteri etici, mai la guerra preventiva, ricordando sempre che la via maestra rimane il negoziato multilaterale, per trovare soluzioni secondo giustizia e fraternità (vd Compendio DSC, nn.500-508).

La corsa agli armamenti

La premier Meloni ha giustificato l’aumento delle spese militari (per l’Italia 700 miliardi in dieci anni), citando il detto “si vis pacem para bellum”. A parte, la sua svista storica, perché la frase non è dei romani, come ha affermato, ma è stata coniata in età moderna da una pericope di Vegezio (IV-V sec. D.C.), ed era un concetto presente già in Platone e poi in Cicerone. C’è da dire che, oltre alle implicazioni politiche, il messaggio della premier ha delle ricadute pedagogiche deleterie perché alimenta tra i cittadini una mentalità incline a risolvere i problemi con le armi e la forza, incompatibili con le convinzioni di pace. Paolo VI aveva criticato questa “antica sentenza, che ha fatto e fa scuola nella politica”, aggiungendo: “Noi denunciamo il falso e pericoloso programma della corsa agli armamenti, della gara segreta alla superiorità bellica fra i popoli”.

La pace non può essere fondata su un falso senso di sicurezza

La teoria della deterrenza era stata già ripudiata da Giovanni XXIII: non è possibile una pace “fondata sull’equilibrio delle forze”. Infatti giustizia, saggezza ed umanità domandano che sia arrestata la corsa agli armamenti”. Francesco nel suo magistero ribadisce: “La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere”. E il Compendio: “La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall’eliminare le cause della guerra, rischia di aggravarle” (n 509), in un clima di sfiducia reciproca che avvelena le relazioni umane. Gli altri sono percepiti come potenziali nemici e non come coloro con cui entrare in relazione, secondo lo statuto proprio dell’essere persona (vd Tommaso D’Aquino). E infatti, per Francesco: la guerra “si nutre del pervertimento delle relazioni…di paura dell’altro…”. Per molti intellettuali tutti dovremmo consumare più beni relazionali per essere davvero felici (vd P.P. Donati). Leone XIV, con sano realismo, domanda: “Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?”. Ma il prevalere della forza sulla ragione e sul dialogo “è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni”.

Con i soldi delle armi costruire scuole e ospedali

Bisogna, allora, educare a tutti i livelli, nelle scuole e nelle comunità ecclesiali, come in qualsiasi altra agenzia educativa, a pensare che “se vuoi la pace, durante la pace, prepara la pace, creando istituzioni di pace”. Era stato il pensiero anche di laici come F. Turati e di A. Capitini.  E’ sempre attuale la denuncia di Paolo VI   sul grande “dispendio di mezzi economici e di umane energie per conservare ad ogni singolo Stato la sua corazza di armi sempre più costose, sempre più efficienti, a danno dei bilanci scolastici, culturali, agricoli, sanitari, civili”. E papa Leone ribadisce: con “la quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte ….si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti”.

Leone XIV evidenzia, con molta fermezza, che, dinanzi agli attuali conflitti, la politica può assumere due atteggiamenti opposti, ma entrambi negativi, uno simile a quello di Erode e l’altro a quello di Pilato: il primo “per paura di essere spodestato, aveva ammazzato i bambini, che oggi non cessano di essere dilaniati con le bombe; l’altro si è lavato le mani, come rischiamo di fare quotidianamente fino alle soglie dell’irreparabile”.

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