Ha suscitato molto scalpore che FdI e FI, partiti al governo, abbiano consigliato agli italiani di non andare a votare per i referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza dell’8-9 giugno. E’ una furbata per non raggiungere il quorum e far cadere le proposte abrogative. Sembra di sentire ancora l’eco delle parole di Craxi che, tanti anni or sono, in un’occasione simile aveva esortato gli elettori ad “andare al mare”, anziché alle urne.

In un contesto che, già da molto tempo, registra un forte astensionismo elettorale e una diffusa disaffezione per la politica, oggi più che mai, non c’è spazio per deleghe in bianco ai governanti, che dicono sempre di rappresentare il popolo sovrano. Magari appropriandosi in esclusiva del giudizio sulla bontà o meno delle leggi, supponendo un popolo in stato di minorità, incapace di discernimento politico. Il fatto che esponenti del governo spingano i cittadini a disertare le urne desta serie preoccupazioni: è un attentato alla democrazia, già tanto in affanno, perché “scippa” le persone del diritto di esprimere la propria opinione. Il Magistero sociale afferma, infatti, che la partecipazione alla vita socio-politica è «uno dei pilastri di tutti gli ordinamenti democratici», e pertanto una democrazia autentica «deve essere partecipativa» (Compendio DSC, n. 190). E anzi, i partiti politici hanno il dovere di favorire la partecipazione, “offrendo ai cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche” di maggiore rilievo per la vita sociale. Inoltre, il Compendio precisa: “Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche” (n. 413). Esattamente il contrario di quanto sta cercando di fare il governo. E la cosa risulta ancora più grave se si tiene presente che il referendum abrogativo è il più importante di quelli previsti dalla nostra Costituzione (art. 75), perché il popolo può intervenire direttamente per modificare le leggi in vigore, esercitando così il diritto di offrire il proprio contributo in vista del bene comune. Senza voler fare terrorismo psicologico, non è scontato che, dopo più di 70 anni, in Italia, la democrazia sia una forma di governo ormai inattaccabile. Inducono a riflettere ancora nel nostro tempo, anche dopo quasi duecento anni, gli scenari inquietanti delineati da A. de Tocqueville in La democrazia in America. Egli metteva in guardia da quei momenti della Storia di una Nazione in cui solo alcuni uomini politici “parlano in nome di una folla assente o distratta”, fino a cambiare a loro capriccio le leggi. E ancor più, è sorprendente “vedere quanto sia piccolo il numero di mani deboli e indegne nelle quali può cadere un grande popolo”, fino al punto che“un abile ambizioso arriva a impadronirsi del potere […] pronto a ‘incatenare’ la Nazione”.

Democrazia e partecipazione

Forse a tanti nostri politici farebbe bene una lettura della sapienza classica degli antichi greci, per scoprire il senso della democrazia come autentica partecipazione per tutti i cittadini. Nel Protagora, Platone con un mito spiega che “l’arte della politica” per disposizione divina, nella Città, non è data solo ad alcuni, come avviene per le abilità tecniche e per ogni altro mestiere, in proporzione del numero degli abitanti e distribuite, secondo la necessità. Invece, l’arte della politica deve essere partecipata a tutti i cittadini, se così non fosse e “se solo poche persone ne godessero il privilegio, non potrebbero esistere le Città”.

Se si vuole rinnovare la politica, tutti devono esercitare una cittadinanza attiva, “contribuendo a uno sviluppo globale della democrazia con l’assunzione di responsabilità, di controllo e di stimolo, di proposta e di attuazione di una reale e non solo declamata partecipazione» (CEI, Educare alla legalità, n 17). E in questa prospettiva, la formazione si rende più che mai urgente, e la comunità ecclesiale non può sottrarsi a questo compito educativo, anche in vista del prossimo referendum. Parafrasando Papa Francesco, diciamo: “come sono belle le città dove ognuno fa la sua parte perché si crei un nuovo umanesimo fraterno e solidale” (cf. Evangelii Gaudium n 210).

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