di Don Antonio De Maria

Un tema importante è il rapporto tra la celebrazione eucaristica e la fede, personale e comunitaria, espresso nel n.6 di Sacramentum Caritatis. Questo testo ci permette una riflessione sulla fede stessa.

“« Mistero della fede! ». Con questa espressione pronunciata immediatamente dopo le parole della consacrazione, il sacerdote proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana. In effetti, l’Eucaristia è per eccellenza « mistero della fede»: « è il compendio e la somma della nostra fede ». La fede della Chiesa è essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in modo particolare alla mensa dell’Eucaristia. La fede e i Sacramenti sono due aspetti complementari della vita ecclesiale. Suscitata dall’annuncio della Parola di Dio, la fede è nutrita e cresce nell’incontro di grazia col Signore risorto che si realizza nei Sacramenti: « La fede si esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede ». Per questo, il Sacramento dell’altare sta sempre al centro della vita ecclesiale; « grazie all’Eucaristia la Chiesa rinasce sempre di nuovo! ». Quanto più viva è la fede eucaristica nel Popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale mediante la convinta adesione alla missione che Cristo ha affidato ai suoi discepoli. Di ciò è testimone la stessa storia della Chiesa. Ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo.”[1]

La celebrazione dell’Eucarestia è il momento più alto nel quale esprimiamo la nostra fede che non è opinione personale ma libera adesione a ciò che crede la Chiesa e a Colui nel quale crede la Chiesa. È un fatto personale ed ecclesiale: adesione a qualcosa, ma soprattutto a Qualcuno che mi viene incontro nella Chiesa e attraverso la Chiesa. Un fatto personale ed ecclesiale che mi chiama ad aderire con tutta la mia esistenza e mi invia ad annunciare Cristo, Morto e Risorto, Salvatore del mondo. Quel mistero della fede non riguarda solo la certezza della transustanziazione: cioè che dopo la consacrazione il Pane e il Vino diventano, realmente e sacramentalmente, il Corpo il Sangue l’Anima e la Divinità di NSGC. Significa adesione alla Chiesa come sacramento di salvezza e a quello che essa crede e che non è espresso semplicemente nel simbolo della fede che recitiamo la domenica: la fede è vivere in Cristo e non si può vivere di Cristo senza aderire pienamente alla Chiesa.

Partecipare all’Eucarestia che è un atto ecclesiale e trinitario, per quanto comunicato dal mistero pasquale del Verbo incarnato, di Gesù Cristo che nasce, soffre, muore sulla croce, risorge, ascende al cielo, manda lo Spirito ed è una cosa sola con il Suo Corpo ecclesiale e che tornerà alla fine dei tempi glorioso, significa essere membro della Chiesa, vivificato dallo Spirito e investito della stessa missione.

Tutto questo si esprime nei gesti, nelle parole, nei simboli, nella presenza eucaristica ed ecclesiale del Signore, nella fraternità, nella comunione e nella condivisione della vita, per essere presenza di Cristo nel mondo. Non si va a messa ma ci si raduna con i fratelli, con i quali condividiamo la stessa fede e lo stesso desiderio di farci cambiare, santificare dall’opera dello Spirito per celebrare vivendo e vivere celebrando Colui che è vivo e presente in mezzo a noi, uno con noi. È il gesto vero dell’appartenenza alla Chiesa e a Cristo.

Quando riduciamo quel momento ad un fatto emotivo o morale o “spirituale” non abbiamo compreso fino in fondo la fede cristiana e abbiamo fatto diventare quel gesto una sorta di rito magico: faccio la comunione perché mi accada qualcosa. L’eucarestia è il momento in cui la fede trascina la mia vita, insieme e non da solo, nella vita di Dio, nella comunione d’amore della Trinità: “ Per Cristo, con Cristo, in Cristo a Te Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli.” E diciamo Amen, è così. La gloria di Dio, dice Ireneo, è l’uomo vivente, l’uomo che vive del Vivente, dentro il Suo Corpo vivo che è la Chiesa.[2]


[1] Sacramentum Caritatis 6

[2] È importante rileggere il Catechismo della Chiesa Cattolica per approfondire questa riflessione, almeno a partire dal n. 166. Ma tutto questo è semplicemente “scritto” nei Vangeli e nel Nuovo Testamento: “ È stato scritto ed è stato confermato dalla saldissima autorità dell’insegnamento apostolico che il giusto vivrà in virtù della fede. Tale fede richiede da parte nostra l’impegno conforme sia del cuore che della lingua. L’Apostolo infatti dice: Con il cuore si crede per ottenere giustizia, con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Occorre pertanto che ci ricordiamo sia della giustizia sia della salvezza. Dal momento che siamo destinati a regnare in una giustizia eterna, non riusciamo ad essere immuni dalla malizia dell’età presente se non ci adoperiamo anche per la salvezza del prossimo, professando con la bocca la fede che coltiviamo con il cuore. Dobbiamo provvedere con pia e prudente vigilanza perché tale fede non ci venga intaccata in qualche punto dalle ingannatrici sottigliezze degli eretici. Per questo la fede cattolica è fatta conoscere ai fedeli per mezzo del Simbolo, ed è affidata alla loro memoria, per quanto la materia lo consenta, in un testo molto breve. In tal modo i principianti e i lattanti, cioè coloro che sono rinati da poco in Cristo e che non sono ancora fortificati da una frequentazione assidua e spirituale delle Sacre Scritture e dalla loro conoscenza, sono posti in condizione di credere, con l’aiuto di poche formule, ciò che dovrà poi essere loro esposto con ampi discorsi mano a mano che progrediranno e si disporranno a comprendere la dottrina divina sulla solida base dell’umiltà e della carità.”: Sant’Agostino, La fede e il Simbolo, 1.

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