di Filadelfio Grasso

Passato il Mese dei Morti, i giorni seguenti ci introducono nel pieno della stagione invernale.

La caratteristica di questo periodo è un clima più freddo, piogge e una vistosa diminuzione delle ore di luce: una particolarità che non poteva passare inosservata agli antichi.

Il sole piano piano cede il posto alla notte e alla oscurità, fino ad arrivare ai tre giorni più bui dell’anno in cui esso “muore”. Tutto questo ha suscitato sempre nell’uomo angoscia e inquietudine. Proprio per tale motivo le religioni precristiane svolgevano dei rituali con l’accensione di fuochi e luminarie che per una corrispondenza simbolica avrebbero dovuto aiutare il sole a rinascere.

Quei giorni di sosta al buio, nei quali l’astro sembrava arrestarsi, costituivano il solstizio (Sōl = Sole, e sistĕre = fermarsi) d’inverno.

Santi legati alla luce

Con l’avvento del cristianesimo, si volle dare un senso nuovo anche alle tradizioni preesistenti, catechizzando i fedeli per rivolgere il loro sguardo al vero Dio fatto uomo.

Anche le feste legate a culti pagani furono sostituite da quelle incentrate su Cristo e sul suo messaggio di salvezza e di carità.

Un detto popolare recita: U quattru Barbara, u sei Nicola, l’ottu Maria, u tridici Lucia e u vinticincu lu veru Missia. Non a caso, le ricorrenze di questi santi fin dall’alto medioevo sono come anticipatrici della grande festa del Natale e, sebbene tutti i santi appartengono alla Luce poiché con la loro vita e il loro esempio costituiscono delle guide luminose verso Cristo, quelli celebrati in questo periodo (e per tutto l’inverno) sono legati a un ricco simbolismo di luce.

Il 4 dicembre è Santa Barbara, martire a Nicomedia, in Turchia, agli inizi del IV secolo. Ella è colei che protegge dai fulmini, ovvero da quella luce che viene dal cielo e illumina la terra quando ci sono i temporali. Questo bagliore seguito da un boato è sempre stato visto come un segno divino. Nella vita della santa, un fulmine colpisce a morte suo padre che l’aveva fatta decapitare perché cristiana. Il fulmine quindi, in questo caso, si manifesta come una luce di giustizia.

San Nicola, il 6 dicembre, ci ricorda la carità fatta nel silenzio e nel buio della notte. Egli, infatti, aspettava le tenebre per uscire e fare opere di bene. Di lui si narra un episodio molto popolare: un padre per povertà stava per fare prostituire le tre giovani figlie. Ma una notte, san Nicola fa dono a quella famiglia di tre sacchetti d’oro, salvandola dalla miseria. In molte parti del mondo il santo ancora oggi è festeggiato con dei grandi falò che anticipano la sua festa liturgica.

L’8 del mese viene celebrata la Tutta Bella, Maria Immacolata, colei che con la sua purezza ha donato la luce al mondo che camminava nelle tenebre (cfr. Is. 9,1). Lei, come astro di purezza, nelle immagini è contornata da dodici stelle e con la luna ai piedi.

Infine, Santa Lucia, la vergine e martire siracusana, morta per mano dei carnefici proprio il 13 dicembre, come riporta il martirologio geronimiano. Questa data coincideva con il solstizio d’inverno a causa della differenza tra anno solare e calendario giuliano. Tale coincidenza contribuì in maniera decisiva a fissare il ruolo della santa nella tradizione popolare. Già il suo nome evoca la luce, derivando dal latino Lùcia che significa luce, segno e promessa della luce spirituale, e proprio per questo viene invocata come patrona della vista. La sua festa, nel periodo solstiziale, annunziava la fine delle tenebre invernali e quindi l’arrivo dei giorni più chiari. In molte regioni del Nord Europa, è questa santa a portare i doni ai bambini per le feste natalizie.

Viene nel mondo la luce vera

Le quattro festività elencate, ricadenti tutte nella prima parte dell’Avvento, con i loro simboli sono anticipatrici della grande festa del Natale del Signore, che celebra la venuta nel mondo della vera Luce, quella che illumina ogni uomo (cfr. Gv 1,9).

In un cronografo composto nel 354 d.C. è riportato un frammento di calendario liturgico cristiano in uso a Roma dove è trascritto in data VIII Kalendas Ianuarias (il 25 dicembre): Natus est Christus in Betleem Judaeae. Una testimonianza particolare poiché nei vangeli non vi è traccia di tale data. Anzi, secondo l’evangelista Luca, la nascita di Gesù ricadrebbe in un periodo diverso, viene detto, infatti, che i pastori vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge e, visto che la pastorizia veniva esercitata in Palestina tra la primavera e l’autunno, di certo il prodigioso evento non accadde nel periodo invernale.

La data del 25 dicembre, quindi è una data simbolica collegata al solstizio d’inverno e alla celebrazione romana della nascita del Sol Invictus, che a partire da quei giorni riprendeva piano piano il possesso del cielo, dominando il cosmo.

Molti cristiani, nei primi secoli, erano attratti dalle feste spettacolari tributate alla divinità solare, tanto da indurre la Chiesa, preoccupata soprattutto dal mitraismo che con la sua morale e spiritualità confondeva non poco i cristiani, a celebrare nello stesso giorno la Natività di Cristo, il vero sole.

Ancora oggi accendiamo in questo periodo le candele dell’Avvento e migliaia di lucine negli alberi di Natale, nel presepe e davanti alle case. Ogni luce accesa dovrebbe indicare il desiderio di accogliere Cristo, portatore della vera Luce.

In questi giorni si fanno regali, così come fece san Nicola (chiamato Santa Claus nei paesi anglofoni e ridotto a Babbo Natale in Italia!), anche se l’usanza è stata molto deformata da mode che la slegano dall’originario senso di carità che l’aveva ispirata.

I regali di Natale, i doni da scambiare per le feste di fine anno dovrebbero farci riflettere sul vero Dono, quello che il Padre celeste ci ha fatto, inviando il suo Figlio a salvare l’umanità, poiché “solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et spes, 22).

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