Per il Corpus Domini, una delle principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa Cattolica, ritorno alla normalità con celebrazioni e processione, dopo due anni di stop causati dalla pandemia.

Alla conclusione della Celebrazione Eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Luigi Renna alla presenza dei Vescovi emeriti Mons. Salvatore Gristina e Mons. Salvatore Pappalardo e delle autorità civili e militari, ha avuto luogo la processione Eucaristica, accompagnata da una folla di fedeli, che si è snodata attraverso un nuovo percorso raggiungendo il quartiere di San Berillo. Di seguito il testo dell’omelia di Mons. Renna:

Carissimi fratelli e sorelle,

in questa assemblea nel giorno del Corpus Domini, ci raggiunge l’invito che tutte le Chiese che sono in Italia stanno accogliendo in vista del Congresso Eucaristico Nazionale di Matera: “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”. Non è un richiamo ad antichi sapori ed odori, di cui tutti abbiamo esperienza e forse nostalgia, ma a quel Pane eucaristico che plasma la nostra esistenza cristiana e di cui l’immagine più vera la dona Sant’ Agostino nel Discorso 229. Quando ci rechiamo all’altare per ricevere l’Eucarestia, dovremmo ricordarci delle parole del Santo Dottore, che scrive: “A quello che voi siete voi rispondete: Amen. Ricevete quello che siete” (Discorso 229). Noi siamo il Corpo di Cristo che è la Chiesa e riceviamo sacramentalmente il Corpo di Cristo, dicendo il nostro amen: ritornare al “gusto del pane” significa ritornare al gusto di essere Chiesa.

Dobbiamo riconoscere che a volte perdiamo questo “sapore ecclesiale” e il nostro essere Chiesa diventa insipido e contraddittorio di ciò che siamo. Un pane perde il gusto quando viene alterato il suo sapore: il nostro essere cristiani a volte si priva dell’essenziale, vale a dire del dialogo con Dio nella preghiera, della celebrazione dei Sacramenti, come anche di una testimonianza cristiana limpida. A volte il pane perde la sua “fragranza”: accade quando la nostra vita perde la forza attrattiva dell’umiltà, dell’accoglienza, della misericordia, della semplicità evangelica. Il pane perde il suo gusto quando non è più commestibile, cioè quando è indurito: tante volte è il nostro cuore ad essere indurito davanti alle esigenze dell’altro, di chi è più bisognoso, soprattutto.. Sentiamo, con il poeta David Maria Turoldo, di dover invocare: “Insegnaci Signore la misura e lo stile del nostro culto, il segreto della tua liturgia. Signore, che hai cenato coi Dodici ad una stessa mensa e hai detto a tutti che intingessero il pane nel tuo stesso calice(…) insegnaci a riscoprire il sapore dell’acqua e il dolciore del pane” (D.M. TUROLDO, Per riscoprire il sapore dell’acqua e  il dolciore del pane”).

L’Eucarestia ci riporta sempre al gusto del “Pane della Vita”  e della nostra vita cristiana, a quel dolciore, di cui parla il poeta. Nel brano del Vangelo secondo Luca che abbiamo ascoltato, ci siamo imbattuti nella preoccupazione dei discepoli, che davanti ad una folla affamata consigliano a Gesù di rimandare tutti a casa. Quei discepoli erano ancora ignari di quello che poteva fare il Cristo, e coltivavano in cuor loro anche una certa logica, quella che si può semplificare con le parole: “Ognuno pensi per sé”.  Stavano perdendo il “gusto” di essere discepoli del loro Maestro e Signore, che invece stava sfamando le folle con il dono della Sua Parola. Gesù li invita a dare loro stessi da mangiare alle folle, di avere fiducia che quei cinque pani e due pesci che si sarebbero divisi tra loro, divenissero invece un dono per quei cinquemila. Chiede loro di uscire da se stessi e di mettere nelle Sue mani quella razione di cibo sufficiente per dodici uomini, ma insufficiente per gli altri. Cosa fa di quei pani il Signore? Alza gli occhi al cielo, perché tutto viene dal Padre Suo e Padre nostro, benedice, spezza e dona: le azioni eucaristiche dell’Ultima cena, sono le stesse che il Signore compie ogni volta che ci chiama a condividere la Sua Esistenza Messianica. Qui c’è un’aggiunta: “…li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla” (Lc 9, 17). I discepoli ricevono più di quello che hanno dato, non per trattenerlo per sé, ma per divenire coloro che a loro volta donano e sfamano: quando metti tutto nelle mani di Dio, sostanze, vita, pensiero, tutto diviene dono. Loro sono il Corpo che dona e si dona, il Signore Gesù è il Capo.

 Tornare al gusto del Pane, allora significa tornare a fidarsi di Dio e delle sue logiche, che sono quelle di un Signore che dona con abbondanza, che non risparmia la sua Presenza, che insegna a spezzare la sua esistenza nel memoriale della Sua Pasqua. Torniamo perciò al gusto dell’Eucarestia, cari fratelli presbiteri e in essa troveremo il senso della nostra vocazione, che è quello di una vita benedetta, offerta, spezzata, perché sia nutrimento fragrante per la fame di Dio e di umanità che è nel mondo. Torniamo al gusto del Pane, cari religiosi e  religiose, che nella via della povertà sapete che il pane vi basta, come basta ai poveri: e che esso basta alla vostra obbedienza, che accogliete come cibo che nutre la vita; che nella castità conoscete la gioia di essere solo per il nostro Dio e per nessun altro o altra.  E voi fedeli laici, tornando al gusto di questo Pane, sentite che la vostra corresponsabilità di credenti si realizza quando la fragranza dell’onestà, della condivisone, dell’accoglienza degli ultimi e della salvaguardia del creato, profuma di queste virtù, come gli antichi forni, le piazze, le periferie, i luoghi di lavoro, di cura della persona, di educazione dei giovani, di un potere che nel gusto del pane diventa servizio.  

Questa festa, che ci vede uniti non solo nella celebrazione, ma anche nella processione eucaristica, ci ricorda anche lo stile sinodale che stiamo reimparando in questi anni. Una delle etimologie possibili di assemblea è: simul ambulare, cioè “camminare insieme”, e ci fa comprendere che la vita ecclesiale non può essere statica, né individualista. La vita cristiana è un cammino già dalla liturgia, che è un convenire insieme nello stesso luogo, attorno all’unico altare; è un convergere verso la mensa della Parola e portare doni alla mensa dell’Eucarestia; è partire con un mandato che risuona in parole che non sanno di congedo, ma di missione. Ma non sottovalutiamo quell’ avverbio, cioè insieme: il gusto del Pane eucaristico è quello della condivisione del cammino. Non distaccarsi dal cammino comunitario, attenersi a decisioni che si sono prese insieme, attendere l’altro o mettersi al passo della comunità, cercarsi e perdonarsi dopo i momenti di incomprensione, plasma il nostro essere credenti, che nella varietà dei vocazioni e carismi, nella ricchezza di movimenti e associazioni, non perde il gusto di essere  “Frumento di Cristo, cresciuto nel sole di Dio, nell’acqua del fonte impastati, segnati dal crisma divino.”    

+ Luigi Rennna

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