«Il dramma del cristianesimo oggi è che non incontriamo fortemente il Signore». Queste le parole dell’arcivescovo Renna durante la Veglia missionaria che si è svolta il 21 marzo nella parrocchia Sacra Famiglia di Catania e organizzata dall’Ufficio Missionario Diocesano.

Durante la Veglia sono stati ricordati tutti coloro che hanno donato la vita attraverso il martirio e coloro che ancora oggi perdono la loro vita per annunciare il Vangelo. Sono state ricordate anche tutte le vittime di guerra, di ogni violenza e ingiustizia in tutto il mondo.

«Come riconosceranno noi cristiani? Se saremo capaci di spezzare noi il pane e diventare pane spezzato –afferma l’arcivescovo Luigi Renna durante l’omelia – Bisogna sempre chiederci se abbiamo incontrato il Signore nella nostra preghiera, nell’Eucarestia. Perché se così non fosse non saremo capaci di spezzare né il pane né la nostra vita».

Il vescovo così invita i fedeli ad evitare di diventare cristiani tiepidi, bensì cristiani ferventi, che sanno basare le proprie scelte di vita su Cristo, che sanno incontrare veramente il Signore così come hanno fatto i martiri, perché solo in questo modo è possibile andare incontro a chi soffre e raggiungere la pienezza della vita cristiana.

«La fede in Cristo è difficile mantenerla di fronte a certe situazioni, ma se la conservi, ti dona una tale carica che ti aiuta ad essere sempre un vero uomo, capace di una dimensione umana». Queste le parole tratte da uno scritto di padre Ezechiele Ramin, martire della terra di Amazzonia e la cui vita è stata presa ad esempio come profondo spunto di riflessioni durante tutta la Veglia Missionaria.

 Il suo cammino di fede comincia nell’oratorio della parrocchia e dopo gli studi continua con la decisione di diventare missionario. Nel 1984 arriva in Brasile, dove la sua Missione sarà rivolta ai popoli indigeni e ai contadini oppressi dai latifondisti. È proprio da quest’ultimi che padre Lele sarà ucciso, sacrificando così la propria vita per i poveri, per gli ultimi del mondo.

Ecco alcune parole di padre Ezechiele, ricordate durante la Veglia, scritte proprio durante la sua missione nel 1984, fonte di grande ispirazione: «Ho la passione di chi segue un sogno. La parola ha un tale accoramento che se la raccolgo nel mio animo sento che c’è una liberazione che mi sanguina dentro. La mia esperienza di camminare su strade che non hanno un arrivo, su strade che non hanno un cielo, dove sento soltanto la piccola gioia cavata fuori con una fatica tremenda. Non mi vergogno di assumere questa fratellanza. Uomini buoni o no, generosi o no, rimangono fratelli. Noi siamo nel linguaggio del Signore. Questa chiesa è organizzata e a grinta, mi ci trovo bene».

foto di Marco Oddo

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