Dal 1996 ad oggi con i fondi dell’8 per mille sono stati impiegati 1,5 miliardi di euro per la tutela dei beni ecclesiastici. Questo patrimonio artistico corrisponde al 70% del totale italiano. E’ uno dei dati emersi nel convegno nazionale promosso dalla CEI a Catania (i lavori si concludono oggi al Museo diocesano) per fare il punto sulle intese e i progetti per la promozione dei beni culturali ecclesiastici a 40 anni dalla stipula del nuovo Concordato fra lo Stato italiano e la Santa Sede.
Al convegno, aperto dal direttore dell’Ufficio nazionale Beni culturali ecclesiastici della CEI, don Luca Franceschini, e moderato dal vaticanista di Avvenire, Mimmo Muolo, erano presenti delegati da tutt’Italia. Presenti autorità ecclesiastiche (il segretario generale della CEI, arcivescovo Giuseppe Baturi; il presidente della Cesi, monsignor Antonino Raspanti; l’arcivescovo di Catania, monsignor Luigi Renna; il vescovo di Caltagirone, monsignor Calogero Peri) e laiche (la prefetta di Catania, Maria Carmela Librizzi; la soprintendente ai Beni culturali, architetto Donatella Aprile; il direttore generale del ministero dei Beni culturali, dott. Luigi La Rocca).

Il Museo diocesano di Catania testimonianza tangibile di collaborazione e testimonianza

 Il luogo del convegno nazionale, il Museo diocesano di Catania è risultato una documentazione tangibile del tema del convegno. Nato agli inizi del nostro secolo, con i fondi dell’8 per mille, dalla ristrutturazione e valorizzazione di uno storico edificio abbandonato, ospita in questi mesi una mostra (curata da Roberta Carchiolo) che è frutto di una intensa collaborazione fra arcidiocesi etnea, soprintendenza ai Beni culturali e Ministero dell’Interno e che valorizza i tesori d’arte conservati prevalentemente in monasteri e conventi passati sotto la proprietà dello Stato (Fondo edifici di culto).

Nel pomeriggio di venerdì 10 maggio i delegati presenti al convegno, in due gruppi, hanno potuto ammirare i tesori presenti nella mostra e ripercorrere le tappe di un lungo percorso che va dalle leggi di confisca del patrimonio ecclesiastico (1866/67) al Concordato del 1929 al nuovo Concordato del 1984 fino alla nascita dell’8 per mille e alla attiva partecipazione della CEI al dialogo con lo Stato italiano.

L’arcivescovo Baturi: rendere operativi gli strumenti di dialogo fra Chiesa e Stato sui Beni culturali

L’arcivescovo Giuseppe Baturi ha ripercorso magistralmente le tappe fondamentali di questa storia, e si è soffermato sulla necessità di rafforzare il dialogo e la collaborazione fra lo Stato e la Chiesa, ciascuno nel suo ambito, ma insieme alla ricerca del bene della persona e della società. In particolare, monsignor Baturi ha insistito sulla necessità di rendere operativi gli strumenti del dialogo fra Chiesa e Stato in materia di Beni culturali ecclesiastici. Un esempio per tutti: l’Osservatorio centrale sui beni culturali ecclesiastici. Il segretario della CEI ha chiesto che esso abbia riunioni periodiche e indirizzi più chiari e uniformi. Ma ha anche indicato delle buone pratiche. Come quella attuata per il ripristino del patrimonio culturale ecclesiastico colpito dal sisma del 2016 nel centro Italia, che ha visto le diocesi soggetti attuativi degli interventi di ripristino.  

L’arcivescovo Renna: salvaguardia, valorizzazione e divulgazione

Dal canto suo, l’arcivescovo di Catania, monsignor Luigi Renna, nella sua relazione al convegno, ha puntato l’accento sulla rigenerazione dei territori e sull’annuncio del Vangelo attraverso l’arte. “Non si tratta solo di salvaguardare i beni artistici religiosi – ha detto l’arcivescovo di Catania – ma anche di valorizzarli come occasione di divulgazione di una cultura”. “La Chiesa –secondo monsignor Renna – con la sua presenza nel mondo aiuta tutti gli uomini e prendere sul serio le domande di senso”.

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