Sono le 8 di un sabato mattina triestino: il giorno dopo, domenica, ci sarà papa Francesco in città. Scopri, dentro la navetta diretta al Generali Convention Center – tramite la voce di un volontario della Settimana Sociale che quasi urla per farsi sentire – che mancano poco meno di 24 ore all’incontro dei delegati con il Papa al medesimo centro congressi, in Piazza Unità d’Italia.
L’albergo in cui chi scrive ha alloggiato in questi giorni va lasciato, tassativamente, alle 6:30 di domenica mattina. «Sarà una bella levataccia», mormora qualcuno in navetta, compreso il sottoscritto, che poi riflette: gli altri giorni non sono mica stati una facile passeggiata di relax.
Oggi, però, c’è da spendere le energie per l’ultima mattinata di lavori. Infatti, c’è la preghiera iniziale e la riflessione biblica sul 6° capitolo della lettera a Diogneto, curata dalla professoressa Arianna Rotondo (direttrice della Pastorale universitaria di Catania): «La nostra fede cristiana ci chiama all’impegno nella vita pubblica. È un compito assegnato direttamente da Dio. Ciò che facciamo su questa terra non è il fine ultimo: la cittadinanza celeste – ha continuato la docente catanese – non contempla la diserzione da quella terrestre, anzi richiede di essere fecondi proprio nelle vicende del mondo».
Quindi, i gruppi di lavoro, che in questa ultima giornata erano chiamati a indicare la “rotta”, presentare in terne le sfide e i progetti da fare emergere a livello nazionale, partendo dai temi più caldi.
E poi la “conclusione” dei lavori: monsignor Renna, in qualità di presidente del comitato scientifico della Settimana, ha detto che sarà solo «un inizio»: un percorso in cui abbiamo imparato a seguire (e auspicabilmente seguiremo) una modalità di lavoro, con il tempo. E a sviluppare prospettive “vecchie”, inventandone di nuove: ciò che a grandi linee ha commentato la vicedirettrice Elena Granata. Ascoltare di più, davvero, noi giovani, aggiunge il sottoscritto (il gruppo 13, al quale appartenevo, ha funzionato bene anche grazie alla presenza di diversi giovani).
Poi il pranzo: a sorpresa, niente ricotta nel primo piatto, ma farro!
La giornata è bella: con un bel gruppetto di persone abbiamo deciso di “snobbare” le ultime Piazze della Democrazia – nonostante temi e relatori interessanti, facilmente recuperabili su Play2000 – e puntare, almeno per un pomeriggio, alla Monarchia. Solo che un gruppo molto più nutrito aveva avuto la stessa idea, riempiendo qualsiasi navetta in direzione Castello Miramare, residenza degli asburgici Massimiliano e Carlotta, e poi del duca d’Aosta.
E così, tra le piante di Massimiliano, tra i tanti bagnanti che prendono “comodamente” il sole sui marciapiedi o sulle piattaforme di cemento e una rinfrescante limonata, il pomeriggio se ne va. Tornati in centro, siamo appena in tempo per la cena alla Capitaneria di Porto con un antipasto, stavolta, a base di ricotta (almeno il pasto cambia). Era buonissimo.
La cena, forse anche “fisiologicamente”, dovrebbe assumere una rilevanza più alta quando al tuo stesso tavolo ci sono il cardinale Matteo Maria Zuppi e Nello Scavo a qualche posto di distanza. E vedi la loro grande umanità nel salutarti e nel ricordarsi di te. Che bello!
Alcuni si dirigono al Teatro Verdi per assistere allo spettacolo dell’attore Giovanni Scifoni su san Francesco: “Frà: la star del medioevo”. Si è rivelato essere più bello delle aspettative, e nonostante la scocciatura per una navetta che avrebbe dovuto riportarci in albergo – per preparare bagagli più pesanti dell’andata a causa delle belle esperienze accumulate in questi giorni – e che sembra non passare mai, il cuore pompa gratitudine e gioia nelle vene.
E, se la giornata si è chiusa con “la vita e le opere” del poverello d’Assisi, quella dopo si riaprirà e continuerà seguendo la strada che vedremo tracciare da un altro Francesco.