Nel santuario della Madonna della Sciara, il pellegrinaggio giubilare diocesano ha visto la partecipazione di migliaia di fedeli. Un popolo in cammino, guidato dallo sguardo fiducioso della Madre, ha accolto la parola del Vescovo Luigi Renna che, nell’omelia, ha indicato la speranza come chiave interpretativa dell’intero evento: una speranza che ha un volto, quello di Cristo Salvatore, riflesso come luce sul volto di Maria.

«O chiunque tu sia – ha ricordato il Vescovo citando san Bernardo – che nel mare di questo mondo ti senti piuttosto sballottare tra procelle e tempeste, […] guarda la stella, invoca Maria». Il pellegrinaggio, ha spiegato mons. Renna, è un’occasione per affidarsi alla Regina della pace, mentre nel mondo imperversano guerre e violenze. Un pensiero particolare è andato a Gaza, alla Palestina, all’Ucraina: «A Gaza si sta schiacciando, con la giusta finalità di disarmare il terrorismo, una popolazione ridotta ingiustamente alla fame, che chiede pace e riconoscimento della propria dignità».

Il luogo stesso, in cui ogni anno si riunisce l’intera Diocesi, è simbolo di speranza: «Qui, dove sorgeva un antico santuario dedicato alla beata Vergine Maria Annunziata, anche quando la lava seppellì tutto nel 1669, la speranza […] portò a scavare, e nel 1704 rivide la luce il simulacro di Maria Santissima nostra speranza». Una metafora potente: scavare, disseppellire, per ritrovare la luce della fede.

Nel cuore dell’omelia, l’immagine evangelica delle nozze di Cana si è intrecciata con la storia del santuario e con la missione della Chiesa: «Alla tavola con noi siede il Signore Gesù, silenzioso e attento come a Cana, compagno di viaggio dei due ladroni sul Calvario, compagno di strada ad Emmaus. Scavare, disseppellire significa semplicemente aprire gli occhi sulla sua presenza e tirar fuori da noi un cuore che non si aspetta più niente di buono».

Maria, che a Cana sollecita il Figlio, diventa per il Vescovo simbolo di un’attesa attiva, che si traduce in invito rivolto anche a noi: «Non vi rassegnate davanti alla penuria di fede, a vedere le vostre mense vuote, i poveri languire». È la sfida della speranza che passa attraverso la Croce: «L’ora della speranza è l’ora della Croce, dalla quale scaturisce la salvezza».

Ma la speranza non si limita a un sentimento: richiede gesti concreti. Il primo è interiore: rimettere al centro la Parola di Dio, «nel ritmo della vita liturgica settimanale, nella preghiera comunitaria, nella catechesi per gli adulti e i più giovani». Il secondo gesto è «riempire d’acqua le enormi giare di pietra»: ossia impegnarsi come Chiesa sinodale, corresponsabile, attiva. «Versare l’acqua significa rinnovare il modo di fare la catechesi e rinnovare la formazione dei catechisti […]. Vedremo trasformarsi l’acqua in vino quando la nostra liturgia segnerà il ritmo della vita cristiana anche nella formazione».

Mons. Renna ha infine invitato a riempire le giare della vita ecclesiale «di parole e gesti di comunione» e ha sottolineato che la speranza si costruisce quando la partecipazione alla liturgia e alla carità diventa un’opera corale, non affidata solo a pochi. Ha concluso con un riferimento a Tertulliano: «Cristiani non si nasce, si diventa». E ha aggiunto con forza: «È ora di disseppellire la speranza, di riempire d’acqua le giare, perché il legno della Croce è già pronto per arrossare del sangue di Cristo le acque e donarci il vino della salvezza, dono per tutta l’umanità».

Poi il vescovo, insieme a tutta la comunità radunata sulla spianata, ha pregato per la famiglia della persona accoltellata a Catania, affinché il male non ci spinga ad alimentare odio e diffidenza. La preghiera si è estesa anche ai carcerati, ricordando che la colletta di questa giornata è destinata al progetto “Senza catene”.

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