di Aldo Capucci

Attorno alla fine di giugno, in particolare venerdì 26, si sono svolte a Catania e in tutta la provincia una trentina di celebrazioni liturgiche in onore di san Josemaría Escrivá, utilizzando i testi approvati della sua memoria liturgica, che cade per l’appunto il 26 giugno, giorno del suo dies natalis (1975) e giorno fissato dal calendario dei santi. Le hanno celebrate, in accordo con le varie comunità parrocchiali, sacerdoti che ben conoscono e apprezzano la spiritualità di questo santo, canonizzato da Giovanni Paolo II in piazza S. Pietro il 6 ottobre del 2002 alla presenza di circa 400.000 persone giunte da tutto il mondo.

San Josemaría , ben noto anche per essere il fondatore dell’Opus Dei, non è certo un santo poco conosciuto, sicuramente in Italia e certamente in Sicilia, ma vale la pena di ricordarne alcuni tratti caratteristici. Giovanni Paolo II, nell’omelia della Messa di canonizzazione, ebbe a definirlo “il santo dell’ordinario”, sottolineando così una delle caratteristiche del suo messaggio: tutti i cristiani sono chiamati ad aspirare alla santità, non soltanto coloro che hanno ricevuto una vocazione specifica al sacerdozio o a una religione.

Tutti, nessuno escluso, e la via è quella della santificazione delle realtà quotidiane, dei propri doveri di stato, familiari e sociali, ma soprattutto professionali; il lavoro di ciascuno diventa la strada quotidiana dove è possibile trovare Dio; è vero che sono indispensabili i sacramenti e la preghiera per una santità vera, ma il “materiale” umano, la vita ordinaria sono gli strumenti alla nostra portata per rendere effettiva la vocazione battesimale. Si tratta della chiamata universale alla santità, resa dottrina comune dal Concilio Vaticano II, ma predicata da san Josemaría molto prima, a partire dal 1928, quando il Signore gli ispirò la fondazione dell’Opus Dei.

A che si deve la diffusione della devozione dei siciliani e dei catanesi in particolare per san Josemaría? Intanto, dal punto di vista storico, sappiamo che egli ebbe a visitare personalmente due volte la Sicilia: la prima dal 20 al 21 giugno del 1948 a Messina e Catania, dove fu accolto da mons. Ricceri, in seguito vescovo di Trapani e celebrò la santa Messa nella chiesa della Mercede, in via Caronda; la seconda dall’8 al 10 ottobre del 1949 a Palermo, dove giunse in nave da Napoli. In questa occasione si incontrò con il cardinale Ruffini, che lo invitò calorosamente a iniziare a Palermo e in Sicilia il lavoro stabile dell’Opus Dei, possibilità che si concretò pochi mesi dopo, nel novembre dello stesso anno.

Furono viaggi di lavoro e non di turismo; tuttavia contribuirono a far sì che Escrivá cominciasse ad amare molto la Sicilia, impressionato dalla bellezza della natura: aveva avuto modo di salire sull’Etna e fu stupefatto ed ammirato dallo spettacolo di colori che gli offrì la natura etnea. Ma ancor più lo colpì la solida vita cristiana degli abitanti, promessa e premessa per un fecondo lavoro di apostolato dell’Opus Dei.

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