di Don Antonino De Maria

In un tweet la COMECE, cioè la Conferenza delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, ha commentato l’attacco terroristico di oggi a Nizza: quello che colpisce immediatamente è l’affermazione che “Queste persone sono state uccise solo perché volevano pregare il Signore in una Chiesa”.[1] Quello che impressiona in questa dichiarazione è proprio quel “solo” che mette in evidenza l’assurdità del gesto, l’apoliticità della circostanza. E questo definisce il gesto nella sua valenza, nella sua “nullità”, dando al concetto di terrorismo qualcosa di più ampio, di indefinibile di non riducibile al concetto politico di terrorismo, anche della reazione indignata alle vignette di Charlie Ebdo. C’è qualcosa di sinistro che emerge in molti gesti ormai diffusi nella cosiddetta società avanzata, liberale e laicista che avrebbe dovuto costituirsi proprio a partire dal pluralismo culturale come da un libero mercato delle culture, delle religioni, delle visioni del mondo e antropologiche.

Le indignazioni di Macron e lo smarcamento di Erdogan che si è affrettato a denunciare il fatto (non mi pare avesse fatto la stessa cosa per l’altra decapitazione avvenuta qualche giorno fa nella laica Francia) esprimono l’incapacità di andare a fondo delle proprie responsabilità, al di là di facili richiami ai propri valori: la responsabilità di aver sostenuto una struttura sociale falsamente pluralista, falsamente liberale che fa acqua da tutte le parti perché fondata sul nulla. Il nulla di una proposta inconsistente, quella illuministica, ridotta a pragmatismo e logica di mercato, dove le persone sono solo numeri vuoti ma strumentali ad un progetto di potere.

Cosa sappiamo, poi, di quelle persone che volevano “solo” pregare? E pregare dentro una Chiesa, non in un luogo pubblico dove la preghiera avrebbe potuto essere classificata come gesto politico?

C’è anche una crisi dell’Islam o degli Islam (è così evidente che si trattasse di un credente islamico?), poiché gli Islam ancora una volta nella storia stanno perdendo il cuore di religione di pace per perseguire progetti di macro politica. Spero che i miei amici islamici con i quali lavoriamo a progetti di pace e di convivenza sana comprendano che non basta prendere le distanze verbalmente ma prendere sul serio quel cammino che localmente e globalmente alcuni leaders islamici con i loro fedeli stanno intraprendendo.

E noi pavidi cristiani che litigano per sciocchezze; che si accusano a vicenda di aver demolito il millenario contributo cristiano alla formazione di una società fraterna e solidale, che dobbiamo fare? È tempo di prendere sul serio il significato della Croce e della Resurrezione di Cristo, quel “caso serio” di cui parlava von Balthasar in Cordula. Il caso serio del martirio, non concepito con la spada del Maligno ma con quella dello Spirito, come insegna Paolo agli Efesini.

La spada dell’assunzione, ancora una volta, della questione umana che dà senso a quel “solo” della preghiera: perché per noi pregare è caricarsi della fatica dell’uomo di combattere il male e di vivere il bene, che sono innanzitutto proprio in lui. Caricarsi della fatica della Croce nella certezza che Dio è per l’uomo, anche per quell’uomo che credeva, forse, di fargli un favore, uccidendo persone inermi, lì “solo” a pregare.


[1] Comece EU: “people who have been killed only because they wanted to pray to the Lord in a church”

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