Si è celebrata venerdì 22 marzo, nella chiesa di San Michele Arcangelo ai Minoriti, la tradizionale Messa per gli auguri di Pasqua con la comunità universitaria catanese – docenti, studenti e personale amministrativo dell’Ateneo – presieduta dall’arcivescovo Luigi Renna alla presenza del rettore Francesco Priolo.

Nella sua omelia, il vescovo, ha voluto sottolineare il ruolo e l’importanza dell’Università oggi: «L’Università rappresenta una scuola di umanità, di pace, di serenità e di cultura. Soprattutto in questi momenti in cui vi sono tanti conflitti nel mondo e anche nel cuore dell’Europa. È quel luogo fondamentale in cui si ripudia la guerra e in cui si instaurano relazioni di pace per il bene della società e delle future generazioni».

Renna definisce la pace “tranquillitas ordinis”, «come la chiamava sant’Agostino: una condizione che permette a tutti noi di fare, progettare e realizzarsi; dove non c’è ordine non ci può essere spazio per nessuna attività dell’uomo, meno che mai per la scuola e l’università. Penso a tutti quei luoghi – continua – in cui in questo momento non vige la pace: come fanno gli studenti? Come fanno gli insegnanti? C’è un’opportunità di formarsi come si formano i nostri giovani?»

E aggiunge: «Per celebrare con coscienza la Pasqua partiamo dal brano del Vangelo che abbiamo letto (Mt 26, 47-56), l’arresto di Gesù, che chiama amico chi lo sta tradendo: Giuda. Porge a lui la guancia e riceve quella che alcuni hanno chiamato la prima ferita della Passione. Mentre un suo apostolo prende la spada e taglia l’orecchio al servo del sommo sacerdote. Lo mutila, e sarebbe andato certamente oltre. Ma al Getsemani inizia una storia nuova – continua il presule -, quasi un’utopia che la Storia dell’umanità non ha ancora del tutto compreso. I nomi di chi nella propria vita ha fatto la scelta della “non violenza” sono ancora troppo pochi: Gandhi, Martin Luther King, Lanza del Vasto, Jean Goss, don Primo Mazzolari, Aldo Capitini, don Tonino Bello». 

In chiusura, monsignor Renna ha rimarcato: «partiamo dalla Storia nata quella notte al Getsemani, da quella spada rimessa nel fodero: non si può vivere la conoscenza di tutti i saperi, non si può costruire un linguaggio comune se non si ha un pensiero di pace soprattutto in una fase storica in cui vi è un commercio di armi senza tracciabilità che si trasformano da strumenti di difesa a strumenti di offesa. Chi pensa in grande nell’epoca dell’intelligenza artificiale non può rinunciare alla coscienza umana, quella che sente il dolore dell’altro e il grido delle vittime».

Prima della benedizione finale, gli interventi della professoressa Arianna Rotondo, direttrice della Pastorale universitaria e del suo vice, padre Narciso Sunda: Evidenziando il percorso spirituale e culturale della comunità universitaria hanno aggiunto: «Sono oltre quaranta i giovani della Pastorale universitaria impegnati in attività di servizio in zone di frontiera vivendo esperienze autentiche e vere grazie anche ai nuovi spazi messi a disposizione».

Il rettore Priolo ha ceduto lo spazio del suo intervento a Damiano Guardo, studente al quarto anno di medicina e membro attivo della Pastorale universitaria: «la vita universitaria è uno scambio di informazioni e di conoscenze con l’acquisizione di abilità da spendere in un futuro lavorativo, ma soprattutto nella costruzione dell’identità e della personalità di ognuno di noi», e ha evidenziato l’importanza della dimensione spirituale che «trova risposta nella pastorale universitaria, luogo di scambio di pensieri e di emozioni perché anche quelle hanno un ruolo fondamentale per la vita di un giovane in formazione».

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