Dal 25 al 28 aprile ad Altavilla Milicia (Palermo) si è tenuta la XXV Settimana di studi sulla spiritualità coniugale e familiare dal tema “Di fronte all’altro. Sposi e presbiteri, insieme discepoli missionari”, organizzata dall’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, guidato da Padre Marco Vianelli, in collaborazione con gli Uffici Famiglia delle diocesi di Sicilia.

Compagni di viaggio sono stati Aquila e Priscilla che, accogliendo nella propria casa Paolo, hanno reso la loro sponsalità un luogo spirituale e non solo fisico dove collaborazione, sinergia nell’annuncio e gratitudine sono state le qualità ecclesiali del loro essere tessitori di relazioni nel Mediterraneo, fabbricatori di luoghi di incontro, di pace e di missione.

I temi attorno a cui si è riflettuto alla luce dei diversi contesti sono stati il dialogo tra le vocazioni, lo stare di fronte e non contro, l’urgenza di abitare il territorio per gustare il fascino di una Chiesa in comunione dove riscoprire la natura delle specifiche vocazioni seguendo il metodo dell’ascoltare, del condividere e dell’orientarsi nella complessità del reale.

Storie di vocazioni personali sono state quelle raccontate da Mons. Giuseppe Baturi, segretario della Cei e arcivescovo di Cagliari, il quale ha esortato “a stare davanti all’evento cristiano con semplicità, a stare tutti in Cristo, a stupirsi della vita e a essere grati della vita, a scoprire la propria vocazione quotidianamente nell’incontro con l’altro”; di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso dalla mafia nella strage di via d’Amelio nel 1992, che ha ripercorso i gesti familiari intessuti di fede e integrità morale nel compiere il proprio dovere ricordando che “non si è mafiosi, quando si nasce”; di Vincenzo Grienti, vice caporedattore di Tv2000, siciliano di nascita, padre, marito e giornalista per vocazione. Don Vito Impellizzeri, professore di Teologia Fondamentale e direttore della Facoltà Teologica di Sicilia, ha introdotto coppie e presbiteri al lessico familiare e alle caratteristiche della “famiglia al modo di Gesù” in tre tappe fondamentali della storia della Sacra famiglia in Galilea, a Gerusalemme e a Nazareth, distinguendo tra una “grammatica della carne vissuta in famiglia e una grammatica della coscienza sperimentata attraverso il Vangelo”, laddove il compito delle famiglie è proprio il “fare del regno di Dio, allo stesso modo di Nazareth, la misura del mondo”.

Il tema della “ministerialità del matrimonio” è stato affrontato da Simona Segoloni Ruta, docente di Ecclesiologia presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II di Roma, che partendo dal 16° capitolo della Lettera ai Romani, dove S. Paolo descrive Aquila e Priscilla come coloro che “per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io solo tanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano” (Rm 16, 4), ha tratto le coordinate per riflettere sulle ministerialità nate dal Battesimo, individuando i compiti propri del presbitero e della famiglia e della loro corresponsabilità nell’annuncio evangelico, mentre “l’intimità spirituale uomo-donna alla base della ministerialità di coppie e famiglia” è stato l’argomento trattato da Gaia De Vecchi, docente di Teologia morale all’Università Cattolica di Milano e alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. 

A parlare di famiglia è stata anche la giornalista Alessandra Turrisi attraverso un viaggio nelle storie familiari di chi ha cercato, in Sicilia, di combattere il “puzzo del compromesso morale e mafioso” scegliendo il Vangelo come “lampada” ai suoi passi. Dalla Chiesa, Falcone, Livatino e Don Pino Puglisi hanno scelto la Sicilia migliore, quella abitata da santi e testimoni che quotidianamente rendono fecondo il loro impegno sociale e civile e si spendono per costruire speranza e futuro. Confronto e propositività sono stati gli atteggiamenti che hanno contraddistinto i lavori esperienziali dei workshop dedicati a gender, crisi familiare e vocazionale, trasmissione della fede e geografia ecclesiale, laboratori che hanno cercato di mettere a fuoco gli elementi di crisi ricorrenti a tutte le latitudini per poi riflettere su possibili itinerari di accompagnamento.

Ascolto, dialogo, collaborazione, corresponsabilità tra sposi e presbiteri è la base da cui partire per costruire una pastorale dell’ospitalità priva di sterili pregiudizi in un Mediterraneo che unisce, per cominciare a pensare metodi nuovi basati sulla partecipazione, sulla valorizzazione del “bello” già presente nei territori nella logica della spontaneità, per suscitare domande e offrire occasioni per “fare famiglia e Chiesa”.

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